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Albania

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L’ALBANIA è un piccolo paese dalla storia ricca e complessa. È stata attraversata da tribù e popoli, contesa da potenze mondiali e soggetta a decenni di completo isolamento. Qui i testimoni di Geova hanno incontrato numerose difficoltà e molta opposizione, ma Geova Dio li ha sostenuti e benedetti concedendo loro una meravigliosa prosperità spirituale. Le pagine che seguono narrano in breve la loro entusiasmante storia e mostrano come “la mano di Geova” abbia aiutato i suoi umili servitori in questo paese. — Atti 11:21.

Per secoli potenze straniere hanno combattuto per il controllo dell’Albania causando conflitti di natura religiosa. Agli inizi del XVI secolo il paese era religiosamente diviso tra musulmani, ortodossi e cattolici.

Alla fine del XIX secolo si affermò il nazionalismo albanese e si formarono vari gruppi patriottici. Gli abitanti erano perlopiù contadini e molti attribuivano la colpa della loro povertà agli anni di dominazione straniera. All’inizio del secolo successivo l’autonomia e l’indipendenza erano diventate questioni scottanti che innescarono guerre con Grecia, Serbia e Turchia, fino a quando, nel 1912, l’Albania dichiarò l’indipendenza.

Negli anni successivi il governo bandì quasi completamente le attività religiose. Dopo la seconda guerra mondiale le autorità comuniste abolirono tutte le religioni e dichiararono l’Albania primo paese ateo del mondo.

‘ACCETTANO LA VERITÀ CON GIOIA’

Prima del 56 E.V. l’apostolo Paolo riferì che, insieme ai suoi compagni, aveva predicato completamente la buona notizia “fino all’Illirico”, provincia romana che includeva parte dell’attuale Albania. (Rom. 15:19) È abbastanza probabile che a quel tempo alcuni nella regione siano diventati veri cristiani, dato che secondo fonti storiche il cristianesimo mise radici in Albania sin dal I secolo.

In epoca moderna le prime tracce della pura adorazione in questa zona risalgono al 1921, quando John Bosdogiannis scrisse da Creta alla Betel di Brooklyn perché desiderava visitare la “classe” di studio biblico di Ioánnina, oggi nella Grecia settentrionale. Più o meno nello stesso periodo molti albanesi si stabilirono nel New England (Stati Uniti). Tra di loro c’erano Thanas (Nasho) Idrizi e Costa Mitchell che, non appena conobbero la verità, si battezzarono. Nel 1922 il fratello Idrizi tornò in Albania, ad Argirocastro: fu il primo albanese che fece ritorno nel suo paese portando con sé le verità bibliche. Geova benedisse il suo spirito altruistico e la gente iniziò a mostrare interesse. Presto anche altri albanesi credenti che vivevano in America tornarono a casa. Nel frattempo Costa Mitchell continuava a predicare agli albanesi di Boston, nel Massachusetts.

Sokrat e Thanas Duli (Athan Doulis), nati in Albania, erano stati portati in Turchia da ragazzini. Nel 1922 Sokrat tornò in Albania. L’anno seguente, in cerca del fratello, tornò anche Thanas, che a quel tempo aveva 14 anni. “Giunto alla nostra vecchia casa”, scrisse, “non trovai immediatamente mio fratello, poiché lavorava a circa 200 chilometri di distanza. Trovai invece La Torre di Guardia, la Bibbia, i sette volumi degli Studi sulle Scritture, nonché alcuni opuscoli su soggetti biblici. Evidentemente anche in quel remoto distretto di montagna c’erano alcuni Studenti Biblici attivi che, al loro ritorno dall’America, avevano una certa conoscenza della Bibbia e l’amavano”. Quando i due finalmente si incontrarono, Sokrat, ormai uno Studente Biblico battezzato, non si trattenne dall’insegnare la verità a suo fratello Thanas.

Nel 1924 l’ufficio della Romania fu incaricato di soprintendere alle attività dell’Albania, dove l’opera era agli inizi. Anche se la testimonianza era ancora limitata, La Torre di Guardia del 1° dicembre 1925 riportava: “L’Arpa di Dio e gli opuscoli Un Governo desiderabile e Il mondo in distretta sono stati tradotti e stampati nella lingua locale. . . . Ne sono stati distribuiti un numero considerevole e gli albanesi stanno accettando la verità con molta gioia”.

In quegli anni l’Albania era lacerata da lotte politiche. Che dire, però, dei servitori di Geova? “Nel 1925 c’erano in Albania tre congregazioni organizzate, nonché Studenti Biblici isolati”, scrisse Thanas. Egli notò che l’amore che i fratelli nutrivano gli uni verso gli altri era in netto contrasto con l’atteggiamento bellicoso, egoistico e competitivo delle persone che li circondavano. Mentre molti albanesi stavano lasciando il paese, ce n’erano altri che, conosciuta la verità, tornavano e non vedevano l’ora di parlare ai loro parenti del Regno di Cristo appena istituito.

Nel frattempo, a Boston, la domenica mattina venivano pronunciati discorsi pubblici in albanese di fronte a un uditorio di una sessantina di persone che amavano studiare attentamente i volumi degli Studi sulle Scritture. Anche il libro L’Arpa di Dio era oggetto di uno studio profondo, nonostante alcuni errori di traduzione. (Ad esempio, il titolo fu inizialmente tradotto La Chitarra di Dio). Il libro aiutò comunque molti albanesi a conoscere la verità e a edificare una forte fede.

“NON DATE LORO FASTIDIO!”

Nel 1926 La Torre di Guardia riferiva che in Albania c’erano stati 13 presenti alla Commemorazione della morte di Cristo. “In Albania ci sono solo una quindicina di fratelli consacrati”, affermava l’Annuario del 1927, “che fanno del loro meglio per diffondere il messaggio del regno”. E continuava: “In America ci sono una trentina di fratelli albanesi consacrati, ansiosi di aiutare i loro connazionali a conoscere la Verità”. Nel 1927 in Albania i presenti alla Commemorazione furono 27, più del doppio rispetto all’anno precedente, e questo rallegrò i 15 fratelli del paese.

Verso la fine degli anni ’20 in Albania c’erano ancora molti disordini politici. Il vescovo ortodosso Fan Noli salì al governo solo per essere destituito nel giro di poco tempo dal presidente Ahmed Bey Zogu. Questi, assunto il titolo di re Zogu I (Zog I), proclamò la monarchia: sua era ogni decisione finale.

Nel 1928 Lazar Nasson, Petro Stavro e altri due fratelli lasciarono gli Stati Uniti alla volta dell’Albania per proiettare il “Fotodramma della Creazione”. Nello stesso periodo due preti, uno cattolico e l’altro ortodosso, erano venuti in Albania dagli Stati Uniti per incontrarsi con il re Zogu I.

“Fate attenzione!”, fu l’avvertimento che il prete cattolico diede a Zogu. “Degli uomini sono venuti dall’America per causarvi problemi”.

Il prete ortodosso, però, non era d’accordo. Conosceva quei fratelli perché poco tempo prima avevano lasciato proprio la sua chiesa a Boston. “Se in Albania fossero tutti come loro”, affermò rivolgendosi a Zogu, “non avreste bisogno di serrare le porte del vostro palazzo!”

Al che Zogu disse: “Allora lasciateli in pace, non date loro fastidio!”

Lo stesso anno a Boston venne tradotto in albanese il libretto dei cantici Songs of Praise to Jehovah, grazie al quale i fratelli in Albania impararono la melodia e i testi dei cantici. Tra quelli che piacevano di più c’erano “Non temer, o piccolo gregge!” e “Al lavoro!”, cantici che rafforzarono i fratelli nei difficili anni che seguirono.

In genere gli albanesi non hanno peli sulla lingua e apprezzano la schiettezza. Quella che ad altri può sembrare una conversazione brusca, per loro è spesso una conversazione normale e vivace. Quando hanno un’idea precisa su qualcosa, non solo esprimono le loro opinioni con fervore, ma di solito parlano e agiscono in base ad esse con ferma convinzione. Queste caratteristiche hanno senz’altro influito sul modo in cui hanno reagito alla buona notizia.

LE DIFFICOLTÀ PORTANO BUONI RISULTATI

Dati i crescenti problemi politici ed economici sempre più albanesi lasciavano il paese. Alcuni di questi conobbero la verità nel New England e nello stato di New York. La verità fioriva ovunque ci fosse una comunità albanese. I fratelli desideravano più pubblicazioni e furono felici di ricevere la traduzione in albanese degli opuscoli Regno e La Crisi.

In quello stesso periodo in Albania le autorità avevano confiscato alcune delle nostre pubblicazioni. Nel 1934, però, il Bulletin (Il ministero del Regno di oggi) diceva riguardo all’Albania: “Siamo assai lieti di scrivervi che il ministro della Giustizia ha appena emesso un decreto indirizzato a tutte le province grazie al quale, d’ora in poi, tutte le nostre pubblicazioni possono essere liberamente distribuite . . . Tutti i libri e gli opuscoli confiscati dai vari prefetti sono stati restituiti ai fratelli . . . Al momento sette fratelli hanno noleggiato un’auto [e stanno] raggiungendo le città distanti per distribuire libri, mentre gli altri fratelli predicano in luoghi più vicini”. Come risultato, tra il 1935 e il 1936 vennero distribuite oltre 6.500 pubblicazioni.

“FORSE LA TRASMISSIONE RADIOFONICA PIÙ DIFFUSA”

“Sarà forse la trasmissione radiofonica più diffusa della storia”, annunciava agli inizi del 1936 il quotidiano britannico Leeds Mercury. “L’occasione sarà un discorso pronunciato a Los Angeles dal giudice Rutherford, l’evangelista”. J. F. Rutherford, che a quel tempo dirigeva l’opera dei testimoni di Geova, avrebbe pronunciato un discorso trasmesso via radiotelefono negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e diffuso in vari paesi europei. “C’è un paese europeo in cui il discorso non verrà sicuramente ascoltato”, concludeva l’articolo. “Si tratta dell’Albania, dove non esistono collegamenti telefonici”.

Alcune settimane dopo il discorso, però, Nicholas Christo, della congregazione albanese di Boston, scrisse alla sede mondiale: “Desideriamo comunicarvi che ci sono recentemente pervenute dall’Albania informazioni in base alle quali il discorso ‘Separazione delle nazioni’ del giudice Rutherford è stato udito anche lì, e così si aggiunge un altro paese al lungo elenco di quelli in cui è stato ascoltato. Il discorso è stato ricevuto in due luoghi diversi . . . , a quanto pare trasmesso in onde corte. . . . Gli amici sono stati oltremodo felici di aver udito la voce del giudice Rutherford”.

In che modo i proclamatori albanesi conducevano le adunanze prima che La Torre di Guardia venisse pubblicata nella loro lingua? Tra gli albanesi che avevano abbracciato la verità la maggior parte aveva frequentato scuole greche nell’Albania meridionale, quindi per loro studiare La Torre di Guardia in greco non rappresentava un problema. Altri la studiavano in italiano o in francese. Nonostante le riviste fossero in altre lingue, le adunanze si tenevano in albanese perché i fratelli traducevano il materiale sul momento.

Anche a Boston lo studio Torre di Guardia in albanese, tenuto il lunedì sera, veniva condotto usando l’edizione greca della rivista. Malgrado ciò, molti fratelli istruirono bene i loro figli, e anni più tardi videro figli, nipoti e pronipoti intraprendere il servizio a tempo pieno. I fratelli albanesi divennero noti proprio per lo zelo con cui davano testimonianza, tanto che la gente iniziò a chiamarli ungjillorë, ovvero evangelizzatori.

PERSONE ALTOLOCATE RICEVONO TESTIMONIANZA

Nel 1938, un anno prima che re Zogu venisse detronizzato, due delle sue sorelle si recarono a Boston. A dicembre la rivista Consolazione (ora Svegliatevi!) riferiva: “Quando le principesse d’Albania sono arrivate a Boston, due di noi che appartengono all’unità albanese del gruppo dei testimoni di Geova di Boston si sono recati al loro albergo per presentare un messaggio riguardante il regno di Dio. Siamo stati accolti con molta cordialità”.

I due Testimoni, Nicholas Christo e sua sorella Lina, incontrarono non solo le principesse ma anche altri cinque dignitari, incluso l’allora ambasciatore albanese negli Stati Uniti, Faik Konitza [Konica]. Prima dell’incontro, al gruppo fu letta una cartolina di testimonianza in albanese che spiegava come la verità venisse ampiamente predicata tra gli albanesi. “Siamo felici di informarvi”, vi si leggeva tra l’altro, “che questo messaggio viene proclamato da anni anche in Albania e che sono state distribuite ai funzionari e alla gente dell’Albania decine di migliaia di libri per dare loro luce spirituale e conforto”.

L’ambasciatore Konitza disse alle principesse: “È loro desiderio che usiate la vostra influenza affinché la loro predicazione in Albania prosegua indisturbata. La loro è una fede ‘nuova’; credono che presto il mondo [l’attuale organizzazione mondiale] finirà, dopo di che Cristo regnerà e allora anche i morti saranno risuscitati”.

Come faceva il sig. Konitza a sapere così tante cose riguardo al messaggio del Regno? Consolazione spiegava: “Un testimone che lo conosceva bene prima di venire alla verità anni fa . . . in varie occasioni gli ha parlato della verità”.

PROVE DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Negli anni ’30 l’Italia fascista occupò l’Albania, e nel 1939 re Zogu fuggì dal paese con la famiglia. L’esercito invasore mise al bando le nostre pubblicazioni e proibì ufficialmente ai 50 proclamatori di predicare. Nell’estate del 1940 vennero confiscate circa 15.000 pubblicazioni. Il 6 agosto, a Këlcyrë, i fascisti arrestarono nove fratelli e li rinchiusero in una cella di due metri per quattro. In seguito furono trasferiti in una prigione di Tirana, dove rimasero per otto mesi senza processo per poi essere condannati a pene detentive che andavano dai dieci mesi ai due anni e mezzo.

In tali circostanze era necessario che le famiglie portassero del cibo ai prigionieri. Ma in questo caso a essere in prigione erano proprio coloro che di solito guadagnavano il pane per la famiglia. Come avrebbero provveduto a se stessi?

“Ogni 15 giorni ricevevamo 800 grammi di pane secco, tre chili di carbone e un pezzo di sapone”, ricorda Nasho Dori. “Con i soldi che avevamo, io e Jani Komino acquistammo un chilo di fagioli. Usammo il carbone per cuocerli e gli altri detenuti furono disposti a pagare per ogni cucchiaiata. Ben presto ci ritrovammo a cucinare cinque grosse pentole di fagioli. Alla fine avemmo abbastanza soldi per comprare della carne”.

Nell’inverno 1940/1941 l’esercito greco invase l’Albania meridionale reclutando con la forza gli uomini di quelle zone. In un paese un fratello rifiutò di arruolarsi dichiarandosi neutrale. Allora i soldati lo trascinarono per i capelli e lo picchiarono fino a farlo svenire.

“Continui a disubbidire?”, urlò il comandante quando il fratello riacquistò conoscenza.

“Rimango neutrale”, disse il fratello.

Frustrati, i soldati lo lasciarono andare.

Alcuni giorni dopo l’ufficiale andò a casa del fratello che aveva torturato e lo lodò per il coraggio. “Pochi giorni fa ho ucciso 12 italiani e sono stato decorato con una medaglia”, raccontò. “Ma mi rimorde la coscienza e mi vergogno di indossare quella medaglia. La tengo in tasca perché so che è l’emblema di un atto criminoso”.

IL GOVERNO CAMBIA, LE PROVE RESTANO

Tra le battaglie e i disordini della guerra, il Partito Comunista Albanese prese furtivamente piede, nonostante i fascisti facessero di tutto per mantenere il controllo. Nel 1943 i soldati che combattevano contro i comunisti catturarono un fratello, lo caricarono su un camion, lo portarono in trincea e gli misero in mano un fucile, ma egli si rifiutò di imbracciarlo.

“Comunista!”, urlò il comandante. “Se tu fossi cristiano, combatteresti proprio come fanno i preti!”

Il comandante ordinò di ucciderlo. Il plotone d’esecuzione stava per aprire il fuoco quando sopraggiunse un altro ufficiale che chiese cosa stesse accadendo. Venuto a sapere della posizione neutrale del fratello, diede il contrordine, e il fratello fu liberato.

Nel settembre 1943 alla ritirata dei fascisti seguì l’invasione dei soldati tedeschi, che in una sola notte a Tirana uccisero 84 persone. Centinaia vennero mandate nei campi di concentramento. Nel frattempo i fratelli dattilografavano messaggi di speranza e incoraggiamento tratti dalla Bibbia. Quando una persona finiva di leggere il messaggio, le veniva chiesto di restituirlo perché potesse leggerlo qualcun altro. I fratelli continuarono a predicare usando i pochi opuscoli che avevano nascosto. Per predicare avevano a disposizione solo alcune parti della Bibbia e non ebbero una traduzione completa fino a metà degli anni ’90.

Fino al 1945 c’erano stati 15 fratelli che avevano scontato pene detentive. Due erano stati mandati in campi di concentramento, dove uno di loro morì per le torture subite. Paradossalmente, mentre i fratelli in Albania venivano perseguitati perché non si arruolavano nelle forze dell’Asse, negli Stati Uniti alcuni fratelli albanesi venivano messi in prigione perché non combattevano contro le forze dell’Asse.

Nell’Albania dilaniata dalla guerra, le pubblicazioni confiscate venivano tenute in un edificio della dogana. A seguito di un combattimento nelle vicinanze, l’edificio crollò e molte pubblicazioni si sparpagliarono per la strada. Passanti curiosi raccolsero libri e opuscoli e iniziarono a leggerli. I fratelli non persero tempo e recuperarono le pubblicazioni rimaste.

Nel 1944 i tedeschi si ritirarono dall’Albania e l’esercito comunista costituì un governo provvisorio. I fratelli chiesero immediatamente l’autorizzazione per stampare nuovamente opuscoli, ma la richiesta fu respinta. “La Torre di Guardia attacca il clero”, si sentirono dire i fratelli, “e in Albania abbiamo ancora rispetto del clero”.

LA GUERRA FINISCE, MA NON LA PERSECUZIONE

La nuova amministrazione comunista impose tasse esose e confiscò proprietà, fabbriche, imprese, negozi e cinema. Non era permesso acquistare, vendere o affittare terre, e tutti i prodotti dovevano essere consegnati allo Stato. L’11 gennaio 1946 fu ufficialmente proclamata la Repubblica Popolare Albanese. Il partito comunista vinse le elezioni e pose a capo del governo Enver Hoxha.

Furono aperte molte scuole: ai bambini veniva insegnato a leggere, ma il governo vietava la lettura di qualunque cosa non promuovesse il comunismo. Le nostre pubblicazioni vennero sequestrate e il governo confiscò anche le piccole scorte di carta e le poche macchine da scrivere che i fratelli avevano.

Ogni volta che cercavano di ottenere l’approvazione per stampare pubblicazioni, i fratelli vedevano la loro richiesta respinta e subivano minacce. Ciò nonostante non si davano per vinti. “Geova ci ha affidato la responsabilità di informare il popolo albanese del suo proposito divino”, dicevano alle autorità, “e voi ce lo proibite. Ora la responsabilità ricade su di voi”.

La risposta implicita del governo era: ‘Qui in Albania i signori siamo noi! Non ammettiamo la teocrazia e non vogliamo essere importunati da voi e dal vostro Dio Geova, che non riconosciamo!’ Impavidi, i fratelli continuavano a predicare la buona notizia ovunque e in ogni occasione possibile.

Nel 1946 il voto divenne obbligatorio e chiunque osasse astenersi era considerato nemico dello Stato. Vennero promulgate leggi che proibivano le adunanze e la predicazione divenne un reato. Come si comportarono i fratelli?

Nel 1947 i fratelli di Tirana, una quindicina, organizzarono una campagna di predicazione. Vennero immediatamente arrestati e torturati, e le loro Bibbie furono stracciate. Una volta liberati, fu loro intimato di non lasciare la città senza l’autorizzazione della polizia. I giornali misero in ridicolo Gesù e Geova.

I fratelli albanesi di Boston vennero a sapere dell’accaduto, e il 22 marzo 1947 scrissero a Enver Hoxha una rispettosa lettera di due pagine a favore dei testimoni di Geova in Albania. Spiegarono che i testimoni di Geova non costituiscono una minaccia per il governo e fecero notare che gli oppositori religiosi avevano fomentato false accuse perché le nostre pubblicazioni denunciavano giustamente le loro pratiche non cristiane. La lettera concludeva: “Quando la delegazione albanese presso le Nazioni Unite guidata dal sig. Kapo è andata a Boston, ci siamo recati nell’albergo che lo ospitava. Il sig. Kapo ci ha accolto con gentilezza e sincerità, e ha ascoltato senza pregiudizi il nostro messaggio”. Hysni Kapo era da anni una delle massime autorità albanesi. Nonostante questo appello i problemi in Albania non fecero che aumentare.

Nel 1947 l’Albania si alleò con l’Unione Sovietica e la Iugoslavia, mentre ebbe rapporti tesi con la Grecia. L’anno seguente interruppe le relazioni con la Iugoslavia per avvicinarsi all’Unione Sovietica. Chiunque non sostenesse l’ideologia del governo veniva isolato. La posizione neutrale dei fratelli non fece che intensificare l’opposizione nei loro confronti.

Ad esempio, nel 1948, in un paesino sei fratelli e sorelle erano riuniti per celebrare la Commemorazione. La polizia fece improvvisamente irruzione e picchiò i proclamatori per ore prima di lasciarli andare. Un paio di settimane dopo la polizia arrestò il fratello che aveva pronunciato il discorso della Commemorazione e lo fece rimanere in piedi per 12 ore. A mezzanotte il capo della polizia gli disse urlando: “Perché hai infranto la legge?”

“Non possiamo mettere la legge dello Stato al di sopra della legge del Signore!”, rispose il fratello.

Furibondo, il capo della polizia gli diede uno schiaffo, e quando lo vide volgere la testa dall’altro lato gli chiese: “Cosa stai facendo?”

“Vi ho già detto che siamo cristiani”, replicò il fratello. “Gesù ci ha insegnato che, se qualcuno ci colpisce, dovremmo porgere l’altra guancia”.

“Dato che è il tuo Signore a comandarlo”, gridò su tutte le furie il capo della polizia, “non ho intenzione di ubbidirgli, e non ti colpirò più! Vattene!”

“CONTINUERÒ A PREDICARE”

Sotir Ceqi era un fervente ortodosso di Tirana. Da bambino era stato colpito da tubercolosi ossea, con dolori lancinanti alle gambe. All’età di 17 anni si ritrovò in uno stato di abbattimento talmente profondo che decise di togliersi la vita gettandosi sotto un treno in corsa. Ma poco prima di compiere quel gesto, ricevette la visita di un parente, Leonidha Pope. Completamente all’oscuro delle intenzioni di Sotir, Leonidha gli spiegò che Gesù aveva guarito ammalati e che la terra sarebbe diventata un paradiso. Gli diede inoltre una copia delle Scritture Greche, e Sotir si cimentò subito nella lettura.

“Fu come acqua dissetante”, racconta Sotir. “Avevo trovato la verità!”

Nel giro di pochi giorni, e senza intrattenere ulteriori conversazioni con Leonidha, Sotir fece questa riflessione: ‘La Bibbia dice che Gesù predicava. Sia gli apostoli che i discepoli predicavano. Non c’è dubbio che è questo che devo fare’.

Fu così che Sotir cominciò a predicare. Armatosi di coraggio, con le Scritture Greche in una mano e la stampella nell’altra, andava di casa in casa.

In quegli anni la sicurezza nazionale era di competenza della Sigurimi, ovvero la Direzione della Sicurezza di Stato. La coraggiosa predicazione compiuta da Sotir non sfuggì all’attenzione della Sigurimi, sempre pronta a rilevare qualunque presunta minaccia al comunismo. Sotir subì l’arresto, fu trattenuto per ore, picchiato e gli fu proibito di predicare.

Al suo rilascio contattò Leonidha, il quale gli fece conoscere Spiro Karajani, un medico che aveva conosciuto la verità qualche anno prima. Oltre a fornirgli assistenza medica, Spiro aiutò Sotir ad approfondire la conoscenza della verità.

Spiro diede a Sotir questo consiglio: “Se ti arrestano di nuovo, prima di firmare qualunque cosa, conta ogni parola e ogni singola riga. Traccia una linea dopo le loro parole. Non lasciare spazi vuoti. Leggi tutto con molta attenzione. Assicurati che ciò che firmi sia davvero quello che hai detto”.

Solo due giorni dopo la polizia colse Sotir di nuovo a predicare. Alla centrale gli fu imposto di firmare una dichiarazione. Stava per apporre la sua firma quando gli tornò in mente il consiglio di Spiro. A dispetto dell’insistenza con cui i poliziotti gli intimavano di firmare, Sotir si prese il tempo per leggere ogni parola.

“Mi dispiace”, disse, “ma non posso firmare. Queste non sono le mie parole. Non direi la verità se firmassi questo documento, e io non posso mentire”.

Per tutta risposta, i poliziotti lo frustarono per diverse ore con una corda. Di fronte al suo persistente rifiuto a collaborare, lo costrinsero a reggere due cavi elettrici per torturarlo con ripetute scariche.

“Quando stavo per arrivare al limite di sopportazione”, raccontò Sotir in seguito, “pregai in lacrime. Poi, improvvisamente, si spalancò la porta e apparve il comandante. Diede una rapida occhiata, subito si voltò e disse: ‘Fermi, non siete autorizzati a farlo!’” Tutti sapevano bene che la tortura era illegale, pertanto smisero di torturare Sotir. Continuarono, però, a cercare di convincerlo a firmare quel documento. E ancora una volta Sotir si rifiutò.

A quel punto esclamarono: “Hai vinto!” Anche se a malincuore, misero per iscritto la dichiarazione di Sotir riportando fedelmente le sue parole, con le quali aveva dato un’eccellente testimonianza. Gli porsero il documento, e nonostante i maltrattamenti subiti per ore, Sotir lesse attentamente ogni singola parola. Tracciò una linea dopo ogni frase che terminava a metà riga.

Colti di sorpresa, i poliziotti sbottarono: “Ma dove hai imparato una cosa del genere?”

La risposta di Sotir fu: “È Geova che mi ha insegnato a non firmare quello che non dico”.

“Benissimo. Allora questo chi te l’ha dato?”, chiese un poliziotto mentre dava a Sotir un pezzo di pane e del formaggio. Erano le nove di sera e Sotir moriva di fame, dato che non aveva mangiato nulla quel giorno. “È stato Geova? No, siamo stati noi”.

“Geova può usare molti mezzi per darci quello che ci serve”, replicò Sotir. “Non ha fatto altro che rendervi meno ostili”.

“Ti lasciamo andare”, dissero i poliziotti con disappunto, “ma se predichi ancora, sai cosa ti aspetta”.

“Allora non rilasciatemi, perché continuerò a predicare”.

Quindi il comandante lo avvisò: “È meglio che tu non dica a nessuno quel che è successo qui!”

“Ma se me lo chiedono”, ribatté Sotir, “io non posso mentire”.

Al che i poliziotti gli urlarono contro: “Sparisci!”

Sotir fu uno dei tanti che subirono simili torture. Fu solo in seguito a quelle circostanze che avevano messo alla prova la sua fede che Sotir si battezzò.

Per anni la corrispondenza fu sottoposta a rigidi controlli e i rapporti che arrivavano dall’Albania erano frammentari. Spostarsi e assistere alle adunanze si fece sempre più pericoloso, pertanto i fratelli cominciarono a perdere i contatti tra di loro. In assenza di un nucleo organizzativo, era difficile farsi un’idea chiara di quanto stesse accadendo. Ciò nonostante il numero di quelli che abbracciavano la verità continuava a crescere. Nel 1940 in Albania c’erano 50 fratelli, e nel 1949 diventarono 71.

CRESCITA TEOCRATICA NONOSTANTE LE TENSIONI POLITICHE

Negli anni ’50 ogni aspetto della vita era sottoposto a controlli sempre più rigorosi. Le tensioni politiche tra Albania e Grecia aumentarono, i rapporti diplomatici con Inghilterra e Stati Uniti erano inesistenti e persino i legami con l’Unione Sovietica si fecero tesi. L’Albania si stava chiudendo in un ostinato isolazionismo e ogni comunicazione con il mondo esterno veniva attentamente monitorata.

Nonostante questo due fratelli riuscirono a spedire qualche lettera e alcune cartoline ai fratelli in Svizzera, i quali risposero in francese o italiano usando un linguaggio in codice. Grazie a queste cartoline i fratelli albanesi vennero a sapere dell’assemblea che si era tenuta nel 1955 a Norimberga. La notizia della libertà di cui godevano i fratelli tedeschi a seguito della caduta di Hitler incoraggiò i fratelli albanesi a rimanere saldi.

Nel 1957 in Albania fecero rapporto 75 proclamatori. Anche se non erano disponibili cifre esatte, l’Annuario del 1958 riferiva che alla Commemorazione aveva assistito “un numero consistente di persone” e aggiungeva: “I fratelli albanesi continuano a predicare”.

Nell’Annuario del 1959 si leggeva: “Questi fedeli testimoni di Geova continuano a fare quello che possono. Parlano apertamente della verità e cercano anche di pubblicare alcune cose. Sono grati del cibo a suo tempo che hanno ricevuto in alcune occasioni, anche se a quanto pare le autorità comuniste hanno precluso ogni comunicazione con il mondo esterno”. Il rapporto concludeva: “Benché le autorità del paese possano separare i fratelli in Albania dal resto della società del nuovo mondo, non possono impedire che lo spirito santo di Dio operi su di loro”.

CONTINUANO LE PROVE

A quel tempo tutti dovevano portare con sé un documento di identificazione militare. Chi si rifiutava perdeva il lavoro o finiva in prigione. Per questo motivo Nasho Dori e Jani Komino trascorsero nuovamente qualche mese in prigione. Anche se alcuni, temendo di rimanere senza lavoro, scendevano a compromessi, nel 1959 un solido gruppo di fratelli leali celebrò la Commemorazione, e molti continuavano a predicare senza timore.

Nel 1959 il Ministero della Giustizia fu sciolto e agli avvocati non venne più permesso di esercitare. Era il partito comunista ad emanare le leggi e a farle rispettare. Coloro che non si recavano alle urne venivano considerati nemici. Regnava un’atmosfera di terrore e sospetto.

I fratelli inviarono messaggi spiegando quanto fosse difficile la situazione ed esprimendo la loro determinazione a rimanere integri. Nel frattempo la sede mondiale di Brooklyn continuava a cercare il modo per mettersi in contatto con i fratelli in Albania. Fu chiesto a John Marks, che era nato nell’Albania meridionale ma che viveva negli Stati Uniti, di richiedere il visto per l’Albania.

Un anno e mezzo dopo John lo ottenne, ma non sua moglie Helen. John arrivò a Durazzo nel febbraio 1961 per poi recarsi a Tirana, dove incontrò sua sorella Melpo, che aveva mostrato interesse per la verità. Melpo lo aiutò a mettersi in contatto con i fratelli il giorno successivo.

John parlò a lungo con i fratelli e diede loro alcune pubblicazioni che aveva nascosto in uno scomparto segreto della valigia. I fratelli erano entusiasti: da oltre 24 anni non ricevevano la visita di fratelli dall’estero.

John calcolò che c’erano 60 fratelli in cinque città e pochi altri in paesi più piccoli. A Tirana i fratelli cercavano di incontrarsi segretamente una volta la settimana, la domenica, per ripassare le pubblicazioni che tenevano nascoste dal 1938.

Dato che per così tanto tempo avevano avuto contatti assai limitati con l’organizzazione, i fratelli albanesi dovevano essere aggiornati su questioni organizzative e dottrinali. Per esempio, anche le sorelle conducevano le adunanze, e pronunciavano persino le preghiere. In seguito John scrisse: “I fratelli erano piuttosto scettici e si preoccupavano del modo in cui le sorelle avrebbero reagito a queste nuove disposizioni, quindi mi chiesero di spiegarle loro in privata sede, cosa che feci. Fu un piacere vedere che le accettarono”.

Anche se poveri, questi fedeli servitori sostenevano con zelo l’opera del Regno. Ad esempio, John notò due fratelli avanti negli anni di Argirocastro che avevano messo da parte qualcosa “dal poco denaro che avevano, accumulando una certa somma da donare alla Società”. Ognuno di loro aveva risparmiato oltre 100 dollari in monete d’oro.

I fratelli di Tirana furono felici di ricevere l’opuscolo Predichiamo e insegniamo in pace e unità, che dava istruzioni sul funzionamento delle congregazioni, anche quando l’opera era vietata. Poi, a marzo, John tenne la Commemorazione a Tirana a casa di Leonidha Pope: i presenti furono 37. Subito dopo il discorso John si imbarcò per tornare in Grecia.

Dopo che i fratelli della sede mondiale ebbero considerato il rapporto che John redasse sulla sua visita in Albania, Leonidha Pope, Sotir Papa e Luçi Xheka vennero incaricati di curare la congregazione di Tirana e l’opera in Albania. Spiro Vruho venne nominato sorvegliante di circoscrizione: doveva visitare le congregazioni e riunirsi con i fratelli ogni sera, pronunciando discorsi e considerando le pubblicazioni. L’organizzazione stava facendo tutto il possibile perché i fratelli in Albania si rafforzassero spiritualmente e si mettessero al passo con la verità.

Inutile dire che, essendo la corrispondenza sottoposta a controlli così attenti, l’organizzazione non poteva mandare una lettera ufficiale per comunicare queste istruzioni. Allora John le trasmise ai fratelli in Albania poco alla volta, usando un codice che faceva riferimento alle pagine delle pubblicazioni. Presto arrivarono rapporti dai quali si capiva che i fratelli avevano compreso esattamente le informazioni: i tre fratelli a Tirana avevano costituito il comitato che soprintendeva all’opera nel paese e Spiro stava visitando regolarmente le congregazioni.

I fratelli albanesi dovevano ingegnarsi per inviare alla sede mondiale i rapporti del servizio di campo. Un modo era quello di spedire cartoline a determinati fratelli all’estero. Usando una penna dalla punta molto sottile, scrivevano in codice il rapporto sotto il francobollo. Per esempio, indicavano il numero della pagina dell’opuscolo Predichiamo e insegniamo che trattava l’argomento “proclamatori” e aggiungevano il numero dei proclamatori che avevano fatto rapporto quel mese. Per molti anni i fratelli degli altri paesi usarono metodi simili per comunicare con i fratelli in Albania.

DOPO UN BUON INIZIO LA BATTUTA D’ARRESTO

Sebbene il comitato che soprintendeva all’opera nel paese stesse lavorando sodo per promuovere la pura adorazione, i problemi non tardarono ad arrivare. Nel 1963 Melpo Marks scrisse a suo fratello John che due dei tre fratelli del comitato, Leonidha Pope e Luçi Xheka, erano “lontani dalle loro famiglie” e che le adunanze non venivano tenute. In seguito si venne a sapere che Spiro Vruho era in ospedale, mentre Leonidha Pope e Luçi Xheka erano malati. La notizia faceva riferimento ad Atti 8:1, 3, dove si legge che Saulo di Tarso imprigionava i cristiani. Cosa stava succedendo?

Leonidha Pope, Luçi Xheka e Sotir Ceqi lavoravano in una fabbrica dove membri del partito comunista pronunciavano di fronte a tutti gli operai discorsi che promuovevano l’ideologia comunista. Un giorno, durante un discorso sull’evoluzione, Leonidha e Luçi si alzarono e dissero: “Non è vero! L’uomo non viene dalla scimmia!” Il giorno dopo furono entrambi strappati alle loro famiglie e mandati in esilio a lavorare in città lontane, pena che gli albanesi chiamavano internim (internamento). Luçi fu mandato sulle montagne di Gramsh; Leonidha, ritenuto “il responsabile”, sulle impervie e fredde montagne di Burrel. Sarebbe tornato a casa a Tirana solo sette anni più tardi.

Nell’agosto 1964 le adunanze sostanzialmente non si tenevano più. Le poche informazioni che trapelavano indicavano che i fratelli erano sotto la stretta sorveglianza della Sigurimi. Un messaggio sotto un francobollo diceva: “Pregate il Signore per noi. Pubblicazioni sequestrate casa per casa. Non ci permettono di studiare. Tre persone in internim”. All’inizio si pensò che il fratello Pope e il fratello Xheka fossero stati rilasciati, perché erano gli unici a sapere dei messaggi sotto i francobolli. Poi si venne a scoprire che era stata Frosina, la moglie di Luçi, a scrivere quel messaggio.

I fratelli responsabili erano stati allontanati. L’occhio vigile della Sigurimi non permetteva agli altri di comunicare fra di loro. Nonostante questo i fratelli in internim davano a tutti un’eccellente testimonianza. La gente di Gramsh diceva: “Ecco gli ungjillorë [evangelizzatori]. Non si arruolano, ma costruiscono i nostri ponti e riparano i nostri generatori”. Questi fratelli leali si fecero un’ottima reputazione che venne ricordata per decenni.

NASCE UNO STATO ATEO

Sul fronte politico l’Albania troncò i legami con l’Unione Sovietica e consolidò la sua alleanza con la Cina. L’ideologia comunista stava ottenendo un consenso tale che alcuni indossavano addirittura divise simili a quelle del presidente del Partito Comunista Cinese Mao Tse-tung. Nel 1966 Enver Hoxha abolì le gerarchie militari; in quel clima di sospetto non erano tollerate opinioni diverse da quelle del regime.

I giornali di Stato iniziarono a pubblicare articoli contro la religione, definendola “un elemento pericoloso”. Poi, a Durazzo, un gruppo di studenti distrusse una chiesa con un bulldozer. In rapida successione, in una città dopo l’altra, vennero demoliti altri edifici religiosi. Il governo alimentava il sentimento antireligioso, e nel 1967 l’Albania fu il primo paese a dichiararsi completamente ateo. Mentre in altri stati comunisti la religione era tenuta sotto controllo, in Albania non era neppure tollerata.

Alcuni esponenti religiosi musulmani, ortodossi e cattolici furono messi in prigione per le loro attività politiche. Per molti altri le cose andarono meglio perché scesero a compromessi e abbandonarono la religione. Alcuni edifici di culto storici vennero trasformati in musei. I simboli religiosi furono banditi: niente croci né icone, niente moschee né minareti. La parola “Dio” veniva usata solo in modo dispregiativo. Questi sviluppi resero la situazione difficile per i fratelli.

Durante gli anni ’60 alcuni fratelli si addormentarono nella morte. I restanti proclamatori, sparpagliati nel paese, facevano tutto il possibile per parlare in difesa della verità. Ma anche chi nutriva un certo interesse aveva troppa paura per ascoltare.

L’AMORE PER LA VERITÀ NON SI AFFIEVOLISCE

Nel 1968 Gole Flloko scrisse a John e Helen Marks informandoli delle sue cattive condizioni di salute. La predicazione era illegale e le adunanze vietate, ma Gole, al tempo ottantenne, riferì loro che parlava regolarmente agli amici e a chi incontrava al mercato, al parco o alla caffetteria. Gole rimase fedele fino alla morte avvenuta poco tempo dopo. Come nel caso di molti altri in Albania, niente poté soffocare il suo incontenibile amore per Geova e per la verità.

Data l’età, Spiro Vruho non riusciva più a visitare le congregazioni della circoscrizione. Agli inizi del 1969 fu trovato morto in fondo a un pozzo. La Sigurimi disse che si trattava di suicidio. Ma era veramente così?

Fu ritrovato un biglietto, attribuito a Spiro, in base al quale quest’ultimo si sarebbe suicidato perché depresso. La grafia però non era la sua. Inoltre le testimonianze confermavano che, prima di morire, Spiro non era affatto depresso. Per di più il collo presentava segni neri molto evidenti, a indicare un qualche tipo di aggressione. Presso il pozzo nel quale si sarebbe impiccato non furono rinvenute corde, e nei suoi polmoni non c’era acqua.

Secondo quanto venne alla luce anni dopo, Spiro aveva ricevuto un avvertimento: se non avesse votato, lui e la sua famiglia sarebbero stati messi in prigione e sarebbero state tagliate loro le provviste alimentari. I fratelli di Tirana scoprirono che Spiro era stato ucciso il giorno prima delle elezioni per poi essere gettato nel pozzo. Questa non fu l’ultima volta che false notizie di suicidio vennero usate contro i testimoni di Geova.

UN DECENNIO DI ISOLAMENTO FORZATO

Nel 1971 l’aumento dei membri del Corpo Direttivo a Brooklyn rese felici i testimoni di Geova di tutto il mondo. L’annuncio riguardo alla disposizione della nomina di anziani e servitori di ministero fu accolto con entusiasmo. Passarono però anni prima che i fratelli in Albania venissero a sapere di questi cambiamenti organizzativi, e quando accadde fu perché alcuni turisti dagli Stati Uniti stabilirono un breve contatto con Llopi Bllani, una sorella di Tirana. I turisti vennero a sapere che non si tenevano adunanze e che in città c’erano solo tre Testimoni attivi, anche se in realtà erano molti di più.

Dal 1966 Kosta Dabe era in Grecia, da dove cercava di ottenere il visto per tornare in Albania, suo paese natale. All’età di 76 anni voleva insegnare la verità ai figli. Non riuscendo a ottenere il visto, Kosta consegnò il suo passaporto statunitense alla frontiera albanese e varcò il confine sapendo che non avrebbe mai più potuto lasciare il paese.

Nel 1975 una coppia albanese che viveva negli Stati Uniti si recò in Albania. I due entrarono nel paese da turisti. Scrissero che la sorveglianza era “più stretta che mai” e che i testimoni di Geova erano attentamente controllati. Gli stranieri venivano accompagnati ovunque da guide turistiche ufficiali, molte delle quali facevano parte della Sigurimi. Dopo che gli stranieri avevano lasciato il paese, la Sigurimi teneva d’occhio chi aveva avuto contatti con loro. I turisti stessi erano guardati con sospetto e non erano graditi. La gente aveva paura degli stranieri.

In una sua lettera del novembre 1976, Kosta Dabe riferiva che a Valona c’erano stati cinque presenti alla Commemorazione. Sapeva che un Testimone a Përmet e uno a Fier avevano celebrato la Commemorazione da soli. A Tirana due si erano riuniti in un luogo e quattro in un altro. Quindi, dalle informazioni a sua disposizione, nel 1976 i presenti alla Commemorazione erano stati almeno 13.

Anni dopo Kulla Gjidhari raccontò il modo in cui aveva celebrato la Commemorazione: “La mattina preparai il pane e tirai fuori il vino. La sera chiusi le tende e presi la Bibbia che avevo nascosto dietro il water. Lessi il brano di Matteo capitolo 26 in cui Gesù istituì la Commemorazione. Pregai, sollevai il pane e lo rimisi giù. Continuai a leggere Matteo, pregai di nuovo, sollevai il vino per poi posarlo. Dopo di che cantai un cantico. Ero sola, ma sapevo di essere in compagnia dei miei fratelli sparsi in tutto il mondo!”

Kulla aveva pochi parenti. Anni prima, quando era ragazza, era stata adottata da Spiro Karajani e aveva vissuto a Tirana con lui e la figlia Penellopi. Spiro era morto intorno al 1950.

L’ALBANIA SI ISOLA SEMPRE DI PIÙ

Nel 1978, quando l’Albania tagliò i ponti con la Cina, iniziò un nuovo periodo di isolazionismo. La nuova costituzione mirava a rendere l’Albania completamente autonoma e conteneva severe disposizioni che regolavano ogni aspetto della vita, inclusi teatro, balletto, letteratura e arte. La musica classica considerata sediziosa venne messa al bando. Solo gli scrittori autorizzati potevano possedere macchine da scrivere. Chi veniva scoperto a guardare programmi televisivi stranieri veniva interrogato dalla Sigurimi.

In questo clima di aspra repressione fratelli di Austria, Germania, Stati Uniti, Svezia e Svizzera entrarono da turisti con l’intento di contattare i fratelli del posto. I pochi che furono contattati apprezzarono veramente quegli sforzi. Ma i fratelli in generale continuavano ad essere isolati gli uni dagli altri, quindi pochi venivano a sapere dell’arrivo di un visitatore.

Nel 1985 la dittatura pluridecennale di Enver Hoxha ebbe fine con la sua morte. Governo e società avrebbero presto subìto delle trasformazioni. L’anno seguente John Marks morì e la moglie Helen, sulla sessantina, decise di recarsi in Albania. “Se le accade qualcosa mentre è là”, le dissero le autorità quando andò a ritirare il visto, “non si aspetti aiuto dal mondo esterno”.

Il suo viaggio di due settimane fu una pietra miliare per i pochi proclamatori dell’Albania. Helen incontrò finalmente la sorella di John, Melpo, che aveva conosciuto la verità dal fratello 25 anni prima. Per molti anni Melpo, benché non fosse ancora battezzata, fu un contatto chiave per l’organizzazione.

Helen incontrò anche Leonidha Pope e Vasil Gjoka, che si era battezzato nel 1960. Venne a sapere che c’erano sette Testimoni ancora vivi in varie parti del paese. Helen aggiornò i fratelli su questioni organizzative e li informò dei progressi dell’opera in altri paesi comunisti. Diede con discrezione testimonianza informale, e notò che c’erano molti problemi economici.

“Per avere una piccola razione di latte”, disse, “era normale mettersi in fila alle tre del mattino. Molti negozi avevano esaurito le scorte”.

Nel 1987 le filiali di Austria e Grecia coordinarono i loro sforzi perché altri potessero entrare in Albania. L’anno successivo Peter Malobabic e la moglie, una coppia austriaca, vi si recarono da turisti e diedero a Melpo una camicetta, facendola molto contenta. Ma Melpo fu ancora più contenta quando dentro la camicetta trovò nascosto il libro ‘Cose nelle quali è impossibile che Dio menta’.

In seguito, nel corso dell’anno, anche un’altra coppia portò a Melpo delle pubblicazioni. I due dovettero fare moltissima attenzione perché la Sigurimi stava loro col fiato sul collo. Nei pochi minuti in cui le cosiddette guide officiali li lasciarono soli, poterono scambiare solo poche parole. Seppero che Leonidha era malato e che molti altri fratelli in Albania erano invecchiati e non potevano spostarsi liberamente.

LA SITUAZIONE INIZIA A CAMBIARE

Nel 1989 lo scenario politico stava cambiando. Venne abolita la pena di morte per chi tentava di fuggire dal paese. Quell’estate Helen tornò in Albania. Per ore trasmise le informazioni e le istruzioni che le erano state affidate. Vasil Gjoka si impegnava a fare brevi visite ai fratelli.

Gli agenti della Sigurimi scoprirono che Helen era nel paese e andarono a farle visita. Invece di crearle problemi, le chiesero un regalo dall’America. Com’era cambiata la gente nel giro di poco tempo!

Il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino, e gli effetti non tardarono ad arrivare in Albania. Nel marzo 1990, a Kavajë scoppiò una sommossa anticomunista. A Tirana migliaia di persone si riversarono nelle ambasciate nel tentativo di lasciare il paese. Gli studenti chiedevano riforme e facevano scioperi della fame.

Nel febbraio 1991 una folla enorme abbatté la statua di Enver Hoxha alta 10 metri che per anni aveva dominato piazza Skanderbej a Tirana. Per la gente la dittatura era finita. A marzo circa 30.000 albanesi assaltarono alcune navi a Durazzo e Valona, e fecero rotta verso l’Italia come profughi. Quel mese, per la prima volta dopo anni, si tennero le prime elezioni pluripartitiche. Anche se a vincerle fu il partito comunista, era chiaro che il governo stava perdendo potere.

Nell’agosto del 1991 Helen Marks si recò per l’ultima volta in Albania. Questa volta la situazione era cambiata. Appena un mese prima il governo aveva istituito un ufficio del Ministero della Religione, rendendo nuovamente legali le attività religiose dopo 24 anni. Subito i fratelli intensificarono il loro impegno nell’opera di predicazione e organizzarono le adunanze di congregazione.

Vasil Gjoka si recò in Grecia, dove, presso la filiale, ricevette istruzioni su come organizzare l’opera di predicazione. Dato che la sua conoscenza del greco era minima, i fratelli che sapevano un po’ l’albanese fecero tutto il possibile per addestrarlo. Al suo ritorno a Tirana, Vasil mise scrupolosamente in pratica quanto aveva imparato e cercò di organizzare meglio le due adunanze settimanali, una delle quali consisteva nello studio dell’edizione albanese della Torre di Guardia, che era disponibile da poco.

“Un tempo le adunanze iniziavano con un cantico e una preghiera”, racconta un fratello, “e si cantavano i cantici che ci avevano insegnato i fratelli più avanti negli anni. Si faceva lo studio e poi si concludeva con uno, due, tre cantici, se non di più, e con una preghiera”.

Nell’ottobre del 1991 e nel febbraio del 1992 vennero dalla Grecia Thomas Zafiras e Silas Thomaidis per portare della letteratura. Si incontrarono con i fratelli di Tirana e con i proclamatori non battezzati di Berati, e fecero delle liste con i nominativi dei molti interessati da aiutare. Dopo decenni in cui la religione era stata proibita, la popolazione era spiritualmente affamata. Ad esempio, anche se a Berati non c’erano fratelli battezzati, le adunanze venivano tenute dagli interessati. Come si poteva soddisfare questo bisogno spirituale?

UN INCARICO INATTESO

Michael e Linda DiGregorio erano missionari nella Repubblica Dominicana. I nonni di Michael erano stati tra gli albanesi che si erano battezzati a Boston negli anni ’20, e Michael aveva una discreta conoscenza dell’albanese. Quando nel 1992 decisero di andare a trovare i parenti in Albania, i DiGregorio domandarono al Corpo Direttivo se era consigliabile incontrare i fratelli durante il loro soggiorno di tre giorni. Con loro sorpresa, il Corpo Direttivo chiese loro di rimanere in Albania per tre mesi allo scopo di aiutare i fratelli a organizzare l’opera di predicazione.

Presso la filiale di Roma alcuni fratelli della Grecia e dell’Italia ragguagliarono i DiGregorio sulla situazione in Albania e mostrarono loro foto di fratelli albanesi, tra i quali figurava Vasil Gjoka. Quando nell’aprile del 1992 i DiGregorio arrivarono a Tirana in aereo, gli albanesi provenienti dall’estero erano di nuovo ben visti. Si continuava, però, a respirare un’aria di malcontento e la gente era in ansia per il futuro.

Quando uscirono dall’aeroporto i parenti di Michael e Linda corsero loro incontro. Nel frattempo Michael riconobbe Vasil Gjoka, anche lui informato che quel giorno sarebbero arrivati i DiGregorio.

“Vai con gli altri”, disse Michael alla moglie, “io ti raggiungo subito”.

Dopo aver abbracciato Linda, i parenti presero i bagagli e senza perdere tempo si diressero verso le auto. Michael invece si avvicinò rapidamente a Vasil.

“Domenica sarò di nuovo a Tirana”, gli disse Michael d’un fiato, “e ti verrò a cercare”.

Koço, uno dei parenti che vivevano in Albania, ignorando che Michael e Linda fossero testimoni di Geova, corse da Michael a dirgli: “Che fai? Noi non parliamo agli estranei”.

Mentre attraversavano il paese diretti a Coriza, i DiGregorio si resero conto di quanto quel posto fosse diverso dalle Antille. “Tutto era vecchio, dalle tinte marroni o grigie, e ricoperto di polvere”, ricorda Michael. “C’era filo spinato dappertutto. La gente aveva un’espressione triste. In giro c’erano pochissime auto. Si vedevano finestre rotte. I contadini lavoravano la terra a mano. Non era cambiato molto dai tempi dei miei nonni: era come se fossimo tornati indietro nel tempo”.

“IL VOSTRO VIAGGIO ERA GUIDATO DA DIO”

Koço volle mostrare a Michael qualcosa che teneva nascosto da anni. Quando era morta la nonna di Michael, i parenti di Boston avevano scritto una lunga lettera a quelli in Albania. Le prime dieci pagine riguardavano questioni di famiglia, ma verso la fine la lettera parlava della risurrezione.

“I poliziotti controllarono la lettera”, raccontò Koço a Michael, “e lessero le prime pagine. Poi si stufarono e dissero: ‘Prendi! È solo roba di famiglia!’ Quando arrivai all’ultima parte, fui molto contento di leggere qualcosa su Dio!”

Michael poi rivelò che lui e Linda erano testimoni di Geova, e diede a Koço completa testimonianza.

Come la gente dei tempi biblici, gli albanesi sentono di doversi occupare dei loro ospiti e di proteggerli. Per questo Koço insisté ad accompagnare Michael e Linda a Tirana.

“A Tirana non riuscivamo a trovare la casa di Vasil”, ricorda Michael, “perché non c’erano insegne stradali. Allora Koço suggerì di chiedere presso l’ufficio postale”.

“Al suo ritorno dall’ufficio postale”, prosegue Linda, “Koço sembrava meravigliato, e andammo subito all’appartamento di Vasil”.

Più tardi Koço spiegò loro: “Quando all’ufficio postale ho chiesto di Vasil, mi hanno detto: ‘Quell’uomo è un santo. Non sa cos’ha passato! A Tirana non c’è uomo dall’animo più nobile’. In quel momento mi sono reso conto che il vostro viaggio era guidato da Dio. Certo non posso essere io a fermarvi!”

CI SI ORGANIZZA A TIRANA

Vasil fu felice di incontrare i DiGregorio, e rimase a parlare con loro per ore. Solo alla fine della serata Vasil rivelò che Jani Komino, il quale era stato in prigione con Nasho Dori, era morto proprio quella mattina. Ma perché Vasil non era andato al funerale di quel caro fratello e amico ed era rimasto a casa? “Perché”, spiegò, “stava arrivando qualcuno mandato dal Corpo Direttivo”.

Era importante che Michael e Linda stessero a Tirana, ma il governo che era al potere in quel momento non permetteva agli stranieri di vivere in città. Che si poteva fare?

“Mettemmo la cosa nelle mani di Geova”, disse Michael, “e alla fine trovammo un piccolo appartamento”.

“I proprietari tennero le chiavi”, ricorda Linda, “ed entravano e uscivano a loro piacimento. Oltre a questo, per arrivare al nostro appartamento, bisognava prima attraversare quello di qualcun altro. Ma perlomeno casa nostra era appartata, e noi preferivamo non essere sotto gli occhi di tutti”.

I DiGregorio ascoltarono per ore i racconti dei fratelli d’età avanzata di Tirana sulle difficoltà che avevano attraversato. Ma c’era un problema: tra di loro alcuni si guardavano con sospetto.

“Ciascuno di loro sapeva di essere stato leale”, rammenta Michael, “ma si chiedeva se gli altri lo fossero stati. Comunque, nonostante alcuni mantenessero le distanze fra loro, non fecero la stessa cosa con noi. Dopo che il problema fu affrontato con calma, convennero che la cosa più importante era far conoscere il nome di Geova. Erano uniti dall’amore che provavano per Geova, ed aspettavano con impazienza il futuro”.

Era evidente che mancava una congregazione organizzata. Ad esempio, quando Kulla Gjidhari e Stavri Ceqi videro per la prima volta l’opuscolo Esaminiamo le Scritture ogni giorno, lo sfogliarono senza avere la minima idea di cosa fosse.

“È Manna!”, esclamò ad un tratto Stavri riferendosi al libro Manna celeste giornaliera ad uso della famiglia della fede, che si utilizzava quando Stavri aveva conosciuto la verità.

“A proposito”, chiese Kulla, “come sta il presidente, il fratello Knorr? E il suo amico Fred Franz?” Da questo si capiva quanti anni avessero trascorso isolati.

UNA COMMEMORAZIONE INDIMENTICABILE!

Di solito i fratelli tenevano le adunanze in una stanza a casa di Vasil Gjoka. Ma quella stanza di tre metri per quattro era troppo piccola per celebrarvi la Commemorazione. Pertanto venne usata l’ex sede del quotidiano del partito comunista: i presenti furono 105. Per la prima volta a Tirana la Commemorazione non si era tenuta in una casa privata. Anche se nel 1992 in Albania c’erano solo 30 proclamatori, i presenti alla Commemorazione furono 325.

A Tirana il numero degli interessati aumentava costantemente, a tal punto che i presenti alle adunanze nell’appartamento di Vasil arrivarono a 40. Alcuni volevano diventare proclamatori, altri volevano battezzarsi. I fratelli dedicarono molte ore ad incontrarsi con quelli che desideravano battezzarsi. Dato che il libro Organizzati per compiere il nostro ministero non era disponibile in albanese, ciascuna delle domande riservate ai candidati al battesimo doveva essere tradotta a voce. Con alcuni dei nuovi si faceva uno studio intensivo per essere sicuri che avessero compreso la verità. Anche se nessuno aveva mai fatto uno studio vero e proprio, era sorprendente riscontrare che avevano una buona conoscenza della Bibbia.

FINALMENTE IL RICONOSCIMENTO GIURIDICO

Nelle settimane successive i fratelli passarono molte ore tra avvocati e funzionari pubblici perché l’opera di predicazione del Regno venisse riconosciuta giuridicamente. Un gruppo di fratelli e interessati di Tirana aveva già presentato una richiesta ufficiale, ma dato che era andato al potere un nuovo governo non ci si doveva arrendere.

“Tutto successe per le strade della città”, ricorda un fratello. “Mentre camminavamo ci capitava di incontrare il ministro dei Diritti Umani, il ministro degli Interni, il ministro della Giustizia, il capo della polizia, membri della Corte Costituzionale e altre personalità influenti. Erano tutti gentili e molto contenti che l’atmosfera si stesse distendendo. Molti di loro avevano già sentito parlare degli ungjillorë. Non c’era alcun dubbio: in Albania i testimoni di Geova c’erano ancora ed erano attivi”.

Da settimane i funzionari pubblici dicevano che il governo avrebbe concesso il riconoscimento giuridico, ma non accadde nulla di concreto. Ci furono, però, dei progressi con l’arrivo a Tirana di Angelo Felio, un fratello di origine albanese venuto dagli Stati Uniti per far visita alla famiglia. Durante il suo soggiorno in Albania, Angelo si recò con i fratelli dalla consulente legale del ministro autorizzato a concedere il riconoscimento. Alla consulente fece piacere sapere che i familiari di Angelo erano originari della stessa regione dell’Albania dalla quale veniva lei.

“Di quale paese sono i suoi familiari?”, chiese ad Angelo. Con sua grande sorpresa erano del suo stesso paese.

“E come vi chiamate di cognome?”, domandò.

Venne fuori che erano parenti, ma le loro famiglie avevano perso i contatti da molti anni.

“Già da prima mi era piaciuto il vostro statuto e avevo deciso di aiutarvi”, disse la donna. “Ma ora devo darvi per forza una mano: siamo parenti”.

Pochi giorni dopo la consulente legale consegnò ai fratelli il decreto n. 100, con il quale si concedeva il riconoscimento giuridico ai testimoni di Geova in Albania. Finalmente l’adorazione del vero Dio, Geova, vietata dal 1939, era giuridicamente riconosciuta e libera! “Non ci sono parole per descrivere ciò che provammo quel giorno”, hanno detto i DiGregorio.

Un paio di settimane più tardi la filiale greca, che soprintendeva all’opera in Albania, inviò a Tirana Robert Kern. Robert annunciò ai fratelli locali il riconoscimento dell’opera e la formazione della congregazione di Tirana, il cui territorio era “l’intera Albania”. La predicazione di casa in casa doveva essere svolta in modo organizzato e con maggiore impegno. A Tirana si affittò una casa con tre camere da letto che venne utilizzata come casa missionaria e ufficio; una grande stanza adiacente divenne la prima Sala del Regno.

RITROVATA UNA PECORA RIMASTA ISOLATA

Discutendo dei progressi dell’opera di predicazione in Albania, i fratelli si chiedevano se a Valona ci fossero dei Testimoni. Stando a quello che dicevano alcuni, c’era solo una signora anziana che pareva non fosse più molto lucida. Poi una donna si presentò all’ufficio dicendo che lei e la sua famiglia erano ungjillorë e che avevano conosciuto la verità a Valona da una certa Areti. Quindi dei fratelli partirono da Tirana per andare a cercare Areti a Valona.

Areti Pina, una donna anziana di bassa statura, li invitò a entrare, ma mantenne un certo distacco. Quando i visitatori le spiegarono che erano suoi fratelli spirituali, non ebbe alcuna reazione.

All’improvviso, dopo qualche minuto, Areti disse: “Posso chiedervi alcune cose?” Allora li bombardò di domande come: “Credete nella Trinità? Qual è il nome di Dio? Credete nell’inferno? Cosa accade quando si muore? Cosa succederà alla terra? Quanti andranno in cielo?”

I fratelli risposero a tutte le domande.

“Predicate?”, chiese poi Areti.

“Sì che predichiamo”, rispose un fratello.

“Ma come predicate?”, ribatté.

“Di casa in casa”, fu la risposta.

Areti scoppiò a piangere, balzò in piedi e abbracciò il fratello.

“Ora sono sicura che siete miei fratelli!”, esclamò. “Solo i servitori di Geova predicano di casa in casa”.

Alcuni gruppi protestanti di Valona erano venuti a sapere che Areti era religiosa e le avevano proposto di unirsi a loro. “Ma io non volevo avere niente a che fare con Babilonia la Grande!”, spiegò ai fratelli. “Per questo dovevo accertarmi che faceste parte della mia vera famiglia spirituale!”

Areti si era battezzata nel 1928 all’età di 18 anni. Aveva attraversato i monti a piedi predicando con Bibbia alla mano. Anche se da anni aveva perso i contatti con i fratelli, continuava fedelmente a predicare da sola.

“Geova è meraviglioso”, disse con le lacrime agli occhi. “Non si è mai dimenticato di me!”

Dato che durante il ferreo regime aveva mantenuto la fede in Dio, la gente credeva fosse pazza. Ma non lo era affatto: non era mai stata così lucida!

C’È MOLTO DA FARE!

Ora che l’opera era riconosciuta giuridicamente, in Albania c’era molto da fare per promuovere gli interessi del Regno. I fratelli dovevano essere aggiornati e rafforzati spiritualmente. C’era bisogno di pubblicazioni in albanese per i fratelli e per il campo, e c’era assoluta necessità di più predicatori. Chi poteva dare una mano?

Nel 1992 arrivarono dall’Italia e dalla Grecia dei pionieri speciali che frequentarono un corso di albanese. Allo stesso tempo un piccolo team iniziò a tradurre le pubblicazioni. A volte l’elettricità mancava anche per 21 giorni di fila, ma i fratelli mantenevano il senso dell’umorismo e si tenevano occupati con altro lavoro.

C’erano anche molti lavori umili da svolgere. Quando faceva freddo, la casa missionaria doveva essere riscaldata, ma in Albania non era possibile comprare legna. Che fare? I fratelli greci vennero loro in aiuto inviando una partita di grossi pezzi di legna e una sega elettrica. Ma c’era ancora un problema: l’apertura della stufa era troppo stretta e non c’era elettricità per far funzionare la sega. Fortunatamente un fratello aveva un amico dalla parte opposta di Tirana che possedeva un’accetta. Dato che non c’erano autobus, ci vollero due ore per portare alla casa missionaria l’accetta, che doveva essere restituita prima che facesse buio. “Spaccammo legna a turno fintanto che avevamo l’accetta”, ricorda uno dei missionari, “e riuscimmo a riscaldarci!”

Tra legna da spaccare e corsi di lingua, il team di traduzione in albanese ricevette la prima di una serie di visite da parte di Nick e Amy Ahladis dei Servizi per la Traduzione, che oggi hanno sede a Patterson (New York). La loro cordialità e la loro ragionevolezza furono di grande aiuto per i nuovi traduttori, che impararono rapidamente a svolgere un buon lavoro. Le pubblicazioni venivano stampate e spedite in Albania dalla filiale italiana.

Visti gli ottimi risultati che i proclamatori avevano nel ministero di campo, valse davvero la pena svolgere tutto quel lavoro. Anche i nuovi proclamatori mostravano grande zelo. Lola, per esempio, aveva appena iniziato a predicare, eppure ogni mese dedicava 150, 200 o più ore al ministero. Quando le fu consigliato di svolgere il servizio con un ritmo più equilibrato, Lola rispose: “Finora ho sprecato la mia vita! Come potrei impiegare meglio il mio tempo?”

L’OPERA PROGREDISCE

Il marzo 1993 fu per l’Albania un mese memorabile: i pionieri speciali iniziarono a servire ad Argirocastro, Berati, Durazzo, Scutari, Tirana e Valona; La Torre di Guardia del 1° marzo fu la prima edizione preparata dal team di traduzione; i fratelli assisterono alla prima Scuola di Ministero Teocratico, così per la prima volta furono tenute tutte e cinque le adunanze; uscì il primo numero del Ministero del Regno in albanese; e presso il Teatro dell’Opera di Tirana, in piazza Skanderbej, ci fu la prima assemblea speciale di un giorno.

Arrivarono delegati dalla Grecia e dall’Italia. Nasho Dori diede inizio a quella storica assemblea con una preghiera, nella quale ringraziò Geova per tutte le benedizioni che stavano ricevendo. I presenti furono 585 e i battezzati 41. Tra loro c’erano figli e nipoti di fratelli albanesi che avevano servito Geova fedelmente.

Nel 1993 ci fu grande entusiasmo per la prima assemblea di distretto tenuta in Albania. Vi assisterono più di 600 persone, fra cui delegati provenienti da Austria, Francia, Grecia, Italia e Svizzera. Dopo un lungo periodo di isolamento, per i fratelli albanesi fu un’emozione unica potersi riunire liberamente con così tanti fratelli di molti paesi.

Per organizzare meglio le cose il Corpo Direttivo nominò un comitato che, con la supervisione della filiale italiana, soprintendesse all’opera nel paese; ne facevano parte Nasho Dori, Vito Mastrorosa e Michael DiGregorio. Una delle loro priorità fu trovare una proprietà per ospitare sia l’ufficio che il team di traduzione, che diventava sempre più numeroso.

Del successivo scaglione di pionieri speciali che iniziarono a imparare l’albanese faceva parte l’italiano Stefano Anatrelli. Dopo cinque settimane di corso fu convocato e gli fu detto: “Vorremmo che visitassi i pionieri speciali e i gruppi in qualità di sorvegliante di circoscrizione”.

“Ma se neanche lo parlo bene l’albanese!”, fu la prima reazione di Stefano. Eppure considerò questo incarico un enorme privilegio. Dopo aver preparato un paio di discorsi con l’aiuto di altri, Stefano partì per raggiungere gli angoli più remoti dell’Albania. Erano trascorsi una trentina di anni da quando, durante il bando, Spiro Vruho aveva visitato i fratelli come sorvegliante di circoscrizione. Nel 1995 Stefano venne nominato membro del comitato che soprintendeva all’opera nel paese.

Nel 1994 arrivò dall’Italia un terzo gruppo di pionieri. Lo zelo di tutti quei pionieri spronò i nuovi proclamatori albanesi. Alla fine di quell’anno di servizio i proclamatori impegnati nell’opera di predicazione erano 354.

Molti di loro affrontarono difficoltà emotive. Passare da un sistema estremamente oppressivo a una società completamente libera non fu facile. Durante il regime, per sopravvivere dovevano stare attenti a non esprimere mai i loro sentimenti, specialmente agli stranieri. I fratelli provenienti da altri paesi lo capirono e lavorarono pazientemente per guadagnarsi la fiducia dei nuovi.

Quello stesso anno sia i fratelli d’età avanzata che i nuovi proclamatori ebbero il piacere di conoscere Theodore Jaracz, primo membro del Corpo Direttivo a visitare l’Albania. In più di 600 si riunirono per un discorso che pronunciò a Tirana.

Nel frattempo era stata acquistata a Tirana una proprietà dove collocare l’ufficio. In meno di sei mesi una squadra di instancabili fratelli stranieri ristrutturò una vecchia villa ricavandone moderni uffici e un edificio residenziale per 24 persone. Il complesso fu dedicato il 12 maggio del 1996 in occasione della visita di Milton Henschel, membro del Corpo Direttivo.

PREDICARONO DA SOLI

Arben, un ragazzo che viveva a Coriza, lesse le pubblicazioni bibliche che gli aveva inviato sua sorella, e capì che si trattava della verità. Scrisse all’ufficio dell’Albania, e per un po’ approfondì la sua conoscenza della verità per corrispondenza. Due fratelli andarono a Coriza col preciso intento di aiutarlo ulteriormente in senso spirituale. Conversando con Arben si resero conto che era idoneo per diventare proclamatore. Lo portarono quindi in centro perché li osservasse mentre predicavano ai passanti.

Arben ricorda: “Poi mi diedero delle riviste e aggiunsero: ‘Ora tocca a te’. Mi dissero di andare da solo, e lo feci”.

Questo avveniva qualche mese prima che alcuni pionieri speciali venissero ad aiutarlo. Nel frattempo predicava ottenendo buoni risultati. Poco dopo l’arrivo dei pionieri speciali fu formato un gruppo.

Verso la fine dell’anno i pionieri di Valona chiamarono l’ufficio, comunicando che Areti Pina era malata e che voleva incontrare uno dei fratelli responsabili. Quando il fratello arrivò, Areti fece uscire tutti dalla stanza per parlargli in privato.

“Non mi resta molto da vivere”, disse respirando a fatica. “Ho riflettuto, e devo chiederti una cosa. Anche se non sono in grado di coglierne tutti i dettagli, ho bisogno di saperlo. Il libro di Rivelazione si è adempiuto?”

“In gran parte sì, Areti”, rispose il fratello, e poi le elencò alcuni aspetti che devono ancora adempiersi. Areti pendeva dalle sue labbra.

“Ora posso morire serenamente”, disse la sorella. “Avevo bisogno di sapere quanto manca”.

Per molti anni Areti era stata una proclamatrice zelante, sia predicando da sola sulle montagne sia dando testimonianza una volta costretta a letto dalla malattia. Poco dopo quella conversazione, Areti giunse fedele al termine della sua vita terrena.

MANTENNE UNA FORTE FEDE SINO ALLA FINE

Superata l’ottantina, Nasho Dori era malato e non aveva più le forze di un tempo. C’era però un gruppo di fratelli in particolare che aveva bisogno del suo incoraggiamento: i giovani chiamati a prestare servizio di leva. Il clero ortodosso di Berati invidiava il rapido aumento dei testimoni di Geova e fece pressione sulle autorità perché perseguissero quei ragazzi.

A sei fratelli che si rifiutarono di fare il militare si prospettavano diversi mesi di prigione. Comprendendo che avevano bisogno di incoraggiamento, Nasho si sollevò mettendosi a sedere sul letto per registrare un messaggio video.

“Non abbiate paura”, li esortò. “Ci siamo già passati anche noi. Geova sarà con voi. Se finirete in prigione, non abbiate timore: sarà a favore del nome di Geova”.

Dato che le sue condizioni di salute peggioravano, Nasho chiamò al suo capezzale i fratelli e disse loro: “Ho dovuto chiedere perdono in preghiera. La scorsa settimana soffrivo così tanto che ho pregato di morire. Poi ho pensato: ‘Geova, tu sei l’Autore della vita, l’essenza stessa della vita. Ti stavo chiedendo qualcosa che va contro la tua volontà. Ti prego, perdonami!’”

Quando Nasho apprese che in Albania il numero dei proclamatori era salito a 942, esclamò: “Finalmente in Albania c’è una grande folla!” Qualche giorno dopo si concluse la sua vita terrena.

TRAZIRA, UN PERIODO DI ANARCHIA

Nel 1997 soprusi e corruzione dilagavano. Molti avevano venduto tutto per investire i loro soldi in finanziarie a struttura piramidale che promettevano facili guadagni. Quando queste fallirono, la popolazione furibonda portò la protesta in strada.

Proprio allora si stava svolgendo l’assemblea speciale di un giorno. Una sorella che lavorava per un uomo che ricopriva un’importante carica pubblica informò i fratelli che il primo ministro stava per dimettersi. Le era stato riferito che di lì a poco si sarebbe scatenata una violenza senza precedenti. Il programma dell’assemblea fu accorciato per permettere ai fratelli di tornare velocemente a casa. Due ore dopo la conclusione il paese si trovò in stato di emergenza e fu imposto il coprifuoco.

Nessuno sapeva cosa stesse succedendo. Si rincorrevano molte voci. C’era stato un intervento straniero o si trattava di una questione di politica interna? Le finanziarie piramidali erano fallite e molti avevano perso tutti i loro investimenti. L’insurrezione scoppiò a Valona. La folla prese d’assalto e saccheggiò caserme e depositi di munizioni. Man mano che i notiziari riportavano quegli eventi, la violenza si propagava da una città all’altra. Il paese era allo sbando e la polizia non aveva più il controllo della situazione. Sotto i colpi della rivolta armata l’Albania era piombata nell’anarchia.

La maggior parte dei 125 stranieri che servivano a tempo pieno in Albania si rifugiò a Tirana. Sarebbe stato meglio per loro abbandonare il paese, dal momento che molti albanesi davano la colpa di ciò che stava succedendo agli stranieri. Dato che l’aeroporto era chiuso, alcuni dei pionieri italiani furono trasferiti a Durazzo, dove però il porto era in mano ai rivoltosi. Dopo un’estenuante attesa di 12 ore, salirono a bordo di una nave che li avrebbe riportati in patria.

Il comitato che soprintendeva all’opera in Albania si teneva quotidianamente in contatto telefonico con i fratelli che vivevano in varie parti della nazione. Di mattina nelle strade regnava una calma irreale, ma già dal pomeriggio iniziavano gli spari, che continuavano per tutta la notte fino all’alba. Alcuni avevano addirittura dell’artiglieria antiaerea. La sommossa divenne nota come trazira, o tumulto.

“A FAVORE DEL NOME DI GEOVA”

Arben Merko, uno dei sei fratelli di Berati che furono imprigionati per la loro posizione neutrale, riferisce: “Nel muro della mia cella c’era un piccolo buco. Dalla cella accanto un uomo mi chiese chi fossi”. Arben diede testimonianza a quell’uomo per settimane. Poi, un giorno, quella voce scomparve.

Dopo che Arben fu rilasciato, un giovane bussò alla sua porta. Arben non lo riconobbe, ma la sua voce gli era familiare: si trattava del detenuto della cella accanto alla sua.

“Sono venuto a portarti questo”, disse porgendogli un amplificatore.

“Durante la trazira ho rubato questo amplificatore dalla vostra Sala del Regno, ma quello che mi hai detto in prigione mi ha toccato il cuore. Voglio avere una coscienza pura agli occhi di Dio, quindi te l’ho riportato”.

Arben non poté fare a meno di ricordare le ultime parole che Nasho Dori aveva indirizzato al gruppo di giovani fedeli: “Sarà a favore del nome di Geova”.

SI PRENDONO CURA DELLE PECORE DI GEOVA

Dopo la partenza degli anziani stranieri la maggior parte delle congregazioni e dei gruppi grandi fu affidata alla cura di servitori di ministero di 19-20 anni. Un giorno tre di questi giovani fratelli andarono a loro rischio da Valona a Tirana. Preoccupati per la carenza di viveri, i fratelli del comitato che soprintendeva all’opera nel paese chiesero se avevano bisogno di qualche bene materiale in particolare.

“Abbiamo finito i foglietti di rapporto del servizio di campo”, dissero i giovani, preoccupandosi più dei bisogni spirituali che di quelli materiali, proprio come avevano fatto anni prima fratelli fedeli d’età avanzata. Riferirono poi che, a motivo del clima di timore e incertezza, molti stavano accettando la buona notizia.

Poco dopo la Commemorazione l’ufficio ricevette una chiamata. “Siamo un gruppo di vostre sorelle di Kukës”, disse una di loro, “e da quando i pionieri se ne sono andati teniamo le adunanze da sole”.

A causa dei disordini i fratelli di Tirana avevano perso i contatti con i proclamatori di Kukës. Nonostante questo, sette proclamatori non battezzati avevano tenuto la Commemorazione in due posti diversi. Erano preoccupati di non averla tenuta alla perfezione, ma furono felici che nel complesso i presenti fossero stati 19. Nel 1997, a dispetto del coprifuoco e della situazione difficile, in Albania i presenti alla Commemorazione raggiunsero il sorprendente numero di 3.154. E nonostante l’anarchia i proclamatori continuavano a predicare, dando conforto pur essendo cauti.

Quando il comitato che soprintendeva all’opera nel paese seppe che i fratelli di Argirocastro avevano bisogno di cibo e pubblicazioni, si chiesero se sarebbe stato sicuro inviare un carico di provviste. La loro conversazione fu interrotta da una sorella che annunciava l’arrivo di una giornalista che poteva avere informazioni utili.

Senza sapere di cosa stesse parlando il comitato, la giornalista avvertì: “Qualunque cosa vogliate fare, domani non andate verso sud. Siamo stati informati che a Tepelenë stanno organizzando qualcosa di pericoloso”. Dato che il camion per Argirocastro sarebbe dovuto passare da Tepelenë, i fratelli decisero di cancellare il viaggio.

La mattina successiva, poco dopo le 11, un notiziario straordinario riferì che a Tepelenë c’era stato uno scontro estremamente violento e sanguinoso e che il ponte della città era stato fatto saltare. I fratelli furono davvero grati a Geova di essere stati avvisati di non partire quel giorno.

Per settimane la famiglia Betel sentì spari durante la notte, e spesso raffiche di mitragliatrici ed esplosioni facevano da sottofondo all’adorazione mattutina. La gente sparava in aria alla cieca, e il pericolo di essere colpiti da proiettili vaganti era costante. Per ragioni di sicurezza i fratelli non uscivano dalla Betel e i traduttori lavoravano seduti per terra lontano dalle finestre.

Nell’aprile 1997 arrivò un contingente di 7.000 soldati delle Nazioni Unite per ristabilire l’ordine. Entro agosto le truppe ONU avevano lasciato l’Albania, e i fratelli poterono organizzare un’assemblea di distretto. I proclamatori erano felicissimi: per mesi si erano potuti riunire solo in piccoli gruppi.

Rapinatori armati assaltarono alcuni degli autobus noleggiati dai fratelli per andare all’assemblea. Ma quando scoprirono che i passeggeri erano testimoni di Geova, dissero: “Voi siete diversi! Non possiamo farvi del male”.

Che effetto ebbe la trazira sull’opera di predicazione in Albania? Piuttosto che ostacolare la crescita, i pericoli e l’angoscia sembravano aver reso molti più consapevoli del loro bisogno spirituale. Come risultato, in appena 15 mesi 500 nuovi proclamatori iniziarono a partecipare al servizio di campo, portando il totale a oltre 1.500.

IL KOSOVO AL CENTRO DELL’ATTENZIONE

Terminata la trazira non si vedevano più armi in giro. Le congregazioni continuavano a crescere. Ma stavano nascendo problemi nel vicino Kosovo. La guerra che vi scoppiò ebbe ripercussioni sull’Albania, dato che ondate di profughi si ammassavano al confine. Senza perdere tempo, i proclamatori albanesi portarono loro un messaggio di speranza e pubblicazioni confortanti. Inoltre si presero cura di un gruppo di 22 profughi composto da testimoni di Geova e dai loro figli.

Ad agosto, quando la guerra finì, i fratelli kosovari tornarono a casa, ma non da soli: con loro c’erano fratelli albanesi e italiani, inclusi dieci pionieri speciali, che desideravano dare l’aiuto spirituale necessario. Alla fine dell’anno di servizio 1999 c’erano 1.805 proclamatori in Albania e 40 in Kosovo.

MAGGIORE STABILITÀ SPIRITUALE

“Sono felice che stiamo traducendo così tante pubblicazioni”, aveva detto Nasho Dori prima di morire, “ma quello di cui abbiamo veramente bisogno è la Traduzione del Nuovo Mondo, una Bibbia di buona qualità sulla quale edificare la nostra fede”. Solo tre anni dopo la sua morte, nel 1999, il Corpo Direttivo autorizzò la realizzazione della Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane in albanese.

All’assemblea di distretto del 2000 una sorpresa meravigliosa attendeva i fratelli albanesi: la presentazione della Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane nella loro lingua. Il laborioso team mise l’anima nel progetto di traduzione e lo completò in meno di un anno. Una pioniera regolare, ex parlamentare comunista, scrisse: “Che meraviglia! Solo dopo aver studiato questa traduzione mi sono resa conto di quanto sia bella la Bibbia, con la sua prosa, la sua poesia e la sua scorrevolezza. Quando ho letto dei miracoli di Gesù e di come fu criticato e schernito, ho provato un’emozione profonda che non avevo mai provato prima! Ho rivissuto con grande intensità scene molto toccanti”.

A quel tempo in Albania c’erano 2.200 proclamatori e la famiglia Betel aveva raggiunto i 40 componenti. Erano stati affittati alcuni appartamenti, ma c’era bisogno di altre camere. Per questo il Corpo Direttivo approvò l’acquisto di un terreno di tre ettari a Mëzez, alla periferia di Tirana. Per curare meglio il campo in espansione in Albania e in Kosovo, nel 2000 il comitato che soprintendeva all’opera nel paese diventò un Comitato di Filiale.

Nel settembre 2003, quando iniziarono i lavori di costruzione della nuova filiale, in Albania fecero rapporto 3.122 proclamatori. Nel frattempo la traduzione in albanese delle Scritture Ebraiche era a buon punto. Non solo l’opera di predicazione progrediva rapidamente, ma anche i proclamatori facevano ammirevoli progressi spirituali. Molti dei 20 giovani della prima Scuola di Addestramento per il Ministero, che in Albania si è tenuta nell’agosto 2004, erano adolescenti quando, pochi anni prima, si erano presi cura delle congregazioni durante la trazira. Che felicità provavano per aver ricevuto ulteriore addestramento spirituale!

‘IL DIAVOLO ERA ADIRATO’

Nel febbraio 2005 i quotidiani titolavano: “Geova insegna alla gente a togliersi la vita!” Televisione e giornali riportarono false voci secondo le quali un’adolescente testimone di Geova si era suicidata. In realtà la ragazza non aveva né studiato né frequentato le adunanze, ma gli oppositori usarono l’accaduto per sferrare un accanito attacco.

Gli insegnanti schernivano i figli dei Testimoni; i fratelli perdevano il lavoro; la gente chiedeva che la nostra opera venisse vietata. I fratelli cercarono di ragionare con i media, ma le notizie non fecero che peggiorare.

Era chiaro che i servitori di Geova avevano bisogno di guida e sostegno per affrontare questo nuovo attacco. La filiale dispose quindi che venisse pronunciato un discorso speciale per mostrare quanto fosse importante continuare a predicare la verità per rispondere a quelle infamanti menzogne. I fratelli furono incoraggiati a ragionare con la gente e a non cedere al timore dell’uomo. Potevano far notare alle persone sincere che negli ultimi anni il numero dei testimoni di Geova era cresciuto in modo straordinario, cosa che non si sarebbe verificata se i Testimoni si fossero suicidati. Questo tipo di attacco non era nuovo. Ai fratelli furono ricordate le false notizie fatte circolare negli anni ’60 sul presunto suicidio di Spiro Vruho. Il recente attacco mediatico sarebbe miseramente fallito, e fallì!

Pochi mesi dopo, ad agosto, David Splane del Corpo Direttivo partecipò all’assemblea di distretto con i 4.675 presenti da Albania e Kosovo. L’uditorio non riuscì a contenere la gioia quando il fratello Splane presentò la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture in albanese.

“Non sorprende che Satana ce l’abbia messa tutta per ostacolarci”, disse un fratello di vecchia data. “Era adirato perché al popolo di Geova stavano accadendo molte cose positive”.

Nonostante le notizie negative diffuse dai media, i servitori di Dio in Albania continuavano a rafforzarsi. Molti mariti e parenti non credenti che seppero vedere oltre le notizie false iniziarono a studiare la Bibbia e diventarono proclamatori. Malgrado i violentissimi attacchi di Satana, la volontà di Geova si stava compiendo. La famiglia Betel si trasferì nella nuova filiale e iniziò la seconda Scuola di Addestramento per il Ministero.

DEDICAZIONE DELLA FILIALE

Nel giugno 2006 Theodore Jaracz e Gerrit Lösch, del Corpo Direttivo, furono tra i 350 delegati provenienti da 32 paesi presenti alla dedicazione della nuova filiale. Era presente anche Sotir Ceqi, il fratello che negli anni ’40 era stato torturato con l’elettroshock. Ora quasi ottantenne, serviva ancora con gioia.

“Un giorno così non me lo sarei mai sognato”, disse Frosina Xheka, che continuava a servire lealmente nonostante i decenni di intense avversità. Polikseni Komino, vedova di Jani, era là per parlare delle sue figlie e di sua nipote, che servivano come pioniere regolari. Tra i presenti c’era anche Vasil Gjoka, con la schiena incurvata da anni di sofferenze, che si mise a piangere ricordando quando aveva fatto visita a Leonidha Pope e quando si era battezzato in segreto nel 1960.

L’ex filiale di Tirana fu trasformata in un complesso di Sale del Regno con una casa missionaria per 14 persone. Dalle sei classi della Scuola di Addestramento per il Ministero è uscito un gruppo di fedeli e altruisti pionieri speciali che sono un’enorme risorsa per il campo albanese. Come loro, più di 950 pionieri regolari e speciali del posto riflettono uno zelante spirito di evangelizzazione.

GUARDANDO AVANTI

I fratelli e le sorelle albanesi apprezzano profondamente la Bibbia e le pubblicazioni tradotte nella loro madrelingua. L’opera di Geova in questo paese continua a progredire costantemente. Oltre agli uomini volenterosi e capaci che vengono addestrati per assumersi responsabilità teocratiche, “le donne che annunciano la buona notizia sono un grande esercito”. — Sal. 68:11.

I testimoni di Geova in Albania sono una prova vivente della veracità delle parole ispirate: “Qualsiasi arma formata contro di te non avrà successo, e qualsiasi lingua si levi contro di te in giudizio tu la condannerai. Questo è il possedimento ereditario dei servitori di Geova”. (Isa. 54:17) Grazie all’immeritata benignità di Geova e alla sua forza, sono rimasti saldi di fronte al regime, alle torture, all’isolamento, all’infamante propaganda dei media e ai problemi personali.

In Albania i servitori di Geova Dio guardano al futuro sicuri del suo amore leale e della sua benedizione. Nonostante le difficoltà sono felici del privilegio di rallegrare il cuore del loro Padre celeste e della speranza che è posta loro dinanzi. (Prov. 27:11; Ebr. 12:1, 2) Se c’è una cosa che la storia teocratica dell’Albania ci insegna è che Geova non dimentica mai i sacrifici grandi e piccoli fatti dai suoi leali servitori, siano essi giovani o d’età avanzata. — Ebr. 6:10; 13:16.

[Testo in evidenza a pagina 130]

Il titolo fu inizialmente tradotto La Chitarra di Dio

[Testo in evidenza a pagina 140]

“Se tu fossi cristiano, combatteresti proprio come fanno i preti!”

[Testo in evidenza a pagina 189]

“Abbiamo finito i foglietti di rapporto del servizio di campo”

[Riquadro/Immagine a pagina 132]

Informazioni generali

Paese

Situata nell’Europa sud-orientale, a nord della Grecia e a est del tacco dello stivale dell’Italia, l’Albania ha una superficie di 28.750 chilometri quadrati e ha una costa che si estende per 362 chilometri lungo l’Adriatico e lo Ionio. Sullo sfondo di alte montagne, spiagge di sabbia bianca e acque turchesi impreziosiscono il tratto di costa tra Valona e Sarandë. A nord e nell’entroterra si innalzano aspre catene montuose, mentre a sud-ovest si estendono fertili pianure dove si pratica l’agricoltura.

Popolazione

Si stima che gli abitanti siano 3.600.000, soprattutto di etnia albanese, con minoranze rom, greche e serbe.

Clima

Lungo le pianeggianti coste meridionali le temperature estive si aggirano intorno ai 26 gradi. Mentre a nord, sulle montagne di Dibër, le temperature invernali scendono a 25 gradi sotto zero.

Alimentazione

Il byrek è una torta salata farcita con carne o con spinaci, formaggio, pomodoro, cipolla e altre verdure. La tava e kosit è un piatto di pollo o agnello al forno in salsa di yogurt aromatizzata al timo e all’aneto. A tavola in genere si usa il cucchiaio, dato che le pietanze più comuni sono zuppe e stufati. Quando in occasioni speciali il menu prevede l’agnello, spesso la testa viene servita all’ospite d’onore. Tra i molti dolci ci sono la baklava (foto a destra) e il kadaif, cotti al forno e ricoperti di noci e di sciroppo o miele. Per gli albanesi il pane è un alimento base. Per dire che hanno mangiato, dicono “Hëngra bukë”, che significa “Ho mangiato del pane”.

[Riquadro/Immagini a pagina 134]

Le prime assemblee

Oltre a tenere le adunanze pubbliche in albanese la domenica, in genere i fratelli albanesi che vivevano nel New England (Stati Uniti) frequentavano le adunanze con le congregazioni inglesi o greche. Negli anni ’20 e ’30 assistevano alle assemblee in greco, ma erano felici di indossare il distintivo nella loro lingua, sul quale si leggeva: “Assemblea di tre giorni degli Studenti Biblici albanesi”.

[Immagini]

Distintivo (a destra) indossato dai fratelli albanesi (sotto) a un’assemblea tenuta a Boston verso la fine degli anni ’20

[Riquadro/Immagini alle pagine 151 e 152]

“Geova non ci lasciò mai”

FROSINA XHEKA

NATA 1926

BATTEZZATA 1946

PROFILO Conobbe la verità da ragazza. Anche se i genitori le fecero opposizione e le autorità la isolarono, si sentì sempre vicina a Geova e alla sua organizzazione. È rimasta fedele fino alla morte avvenuta nel 2007.

▪ FROSINA conobbe la verità dal fratello negli anni ’40. I genitori, che non erano Testimoni, la cacciarono di casa per aver rifiutato un matrimonio combinato. Un fratello, Gole Flloko, la accolse in famiglia e la trattò come una figlia.

“Una volta fui arrestata perché mi ero rifiutata di votare”, racconta Frosina. “Mi trovavo sola in una stanza quando fui circondata da una trentina di agenti. Uno urlò: ‘Hai idea di quello che possiamo farti?’ Sentii che Geova era con me e risposi: ‘Non potere fare niente a meno che non ve lo permetta il Sovrano Signore Geova!’ Mi credettero pazza, quindi dissero: ‘Portatela via!’ Visto? Avevo ragione: Geova era davvero con me!”

Nel 1957 Frosina sposò Luçi Xheka, e i due ebbero tre figli. Agli inizi degli anni ’60 Luçi fu nominato membro del comitato che era appena stato formato per soprintendere all’opera in Albania. Non passò molto che venne condannato a cinque anni di internim (internamento) a Gramsh, lontano da Frosina e dai figli. Là Luçi continuò a predicare e a parlare dell’organizzazione. La gente del posto lo ricorda ancor oggi.

Una volta che Luçi fu mandato in internim, il partito comunista schedò Frosina cosicché non poté più comprare cibo legalmente. Frosina continua: “Non fu poi così grave. I pochi fratelli che c’erano condividevano quello che avevano. Riuscimmo ad andare avanti perché Geova non ci lasciò mai”.

Dopo la morte di Luçi, le adunanze divennero più sporadiche. Ma Frosina continuò a predicare. Riferisce: “Negli anni ’60 venne a trovarci John Marks. Quando infine, nel 1986, incontrai sua moglie Helen, sembrava che ci conoscessimo da anni! Io e Luçi avevamo mandato messaggi segreti ai Marks, che li avevano trasmessi ai fratelli di Brooklyn”.

Quando nel 1992 il bando venne revocato, Frosina era una dei nove Testimoni battezzati rimasti in Albania. Era presente regolarmente alle adunanze e persino quel giorno del 2007 in cui venne a mancare era in servizio. Poco prima di morire, Frosina disse: “Amo Geova con tutto il cuore! Non ho mai preso in considerazione la possibilità di scendere a compromessi. Sapevo di avere una grande famiglia nel mondo, ma ora vedere quanto sia numerosa la nostra famiglia teocratica in Albania mi lascia senza parole. Geova è sempre stato con noi, e ancora oggi ci tiene per mano con tenerezza”.

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Frosina Xheka nel 2007

[Riquadro/Immagini alle pagine 159 e 160]

Finalmente un’abbondanza di pubblicazioni

VASIL GJOKA

NATO 1930

BATTEZZATO 1960

PROFILO Sostenne fermamente la verità durante il regime. Oggi è anziano a Tirana.

▪ RICORDO che negli anni ’30 nel mio paese, Barmash, vidi l’edizione greca della Torre di Guardia. Mio padre indicò la rivista e disse: “Quella gente ha ragione!” Solo anni dopo capii cosa intendesse dire. Mi piaceva leggere la Bibbia, anche se era diventato pericoloso averne una. Al funerale di un parente incontrai un fratello di Tirana. Gli chiesi del segno degli “ultimi giorni” riportato in Matteo capitolo 24. Me lo spiegò, e subito iniziai a parlare con chiunque di quello che stavo imparando.

Nel 1959 assistei a un’adunanza tenuta in segreto a casa di Leonidha Pope. Visto che stavo leggendo Rivelazione, feci delle domande sull’identità della bestia selvaggia e su quella di Babilonia la Grande. Quando ebbi delle spiegazioni, capii che quella era la verità! Mi battezzai l’anno dopo.

Predicavo con zelo e per questo fui licenziato. Così mi procurai un vecchio carretto di legno per consegnare merci a Tirana. Anche se i miei contatti con i fratelli erano limitati e non avevo pubblicazioni, continuai a predicare.

Agli inizi degli anni ’60, prima di essere mandato in internim, Leonidha Pope riuscì a ottenere un paio di pubblicazioni in greco introdotte illegalmente in Albania. Mentre le traduceva a voce, io scrivevo quello che diceva su un taccuino. Poi, su sua richiesta, ne feci delle copie e le mandai ad alcuni fratelli a Berati, Fier e Valona.

A partire dagli anni ’90 la situazione è cambiata del tutto. Vedere l’abbondanza di pubblicazioni che Geova ci ha dato mi riempie di gioia. Dal 1992 ad oggi abbiamo distribuito oltre 17 milioni di riviste in albanese! Le nuove pubblicazioni vengono tradotte nella nostra lingua, in cui è disponibile anche la Traduzione del Nuovo Mondo per intero. Quando ripenso agli anni trascorsi senza pubblicazioni, non riesco a trattenere le lacrime. Per così tanto tempo abbiamo avuto così poco che ora apprezziamo davvero ciò che abbiamo!

[Riquadro/Immagini alle pagine 163 e 164]

Nel mio paese ho trovato qualcosa di importante da fare

ARDIAN TUTRA

NATO 1969

BATTEZZATO 1992

PROFILO Ha conosciuto la verità in Italia ed è poi tornato in Albania. Fa parte del Comitato di Filiale dell’Albania.

▪ AVEVO 21 anni quando nel 1991 lasciai l’Albania con migliaia di altri profughi. Assaltammo una nave che faceva rotta per l’Italia. L’Albania era sul lastrico, quindi ero felicissimo di scappare. Pensavo fosse un sogno che diventava realtà.

Dopo aver trascorso due giorni nel campo profughi di Brindisi fuggii in cerca di lavoro. Un uomo mi diede una fotocopia contenente un breve messaggio biblico in albanese e mi invitò ad una riunione quel pomeriggio. Pensai subito: ‘Perché no? Forse qualcuno mi offrirà un lavoro!’

Non mi sarei mai aspettato la calorosa accoglienza che ricevetti. Dopo l’adunanza tutti quelli che erano nella Sala del Regno vennero a salutarmi con grande gentilezza. Una famiglia mi invitò a cena. Mi trattarono in modo così umano e rispettoso nonostante fossi un profugo albanese clandestino!

All’adunanza successiva Vito Mastrorosa mi propose di studiare la Bibbia. Accettai e compresi presto che quella era la verità. Nell’agosto 1992 mi battezzai in Italia.

Avevo finalmente ottenuto il permesso di soggiorno, avevo trovato un buon lavoro e mandavo denaro alla mia famiglia in Albania. Ma iniziai a pensare: ‘In Albania c’è grande bisogno ora che l’opera è libera. Dovrei tornare per servire là? Ma come reagiranno i miei familiari? Hanno bisogno dei soldi che mando. Cosa dirà la gente?’

Poi ricevetti una chiamata dall’ufficio di Tirana: mi chiesero se ero disposto ad andare là per insegnare l’albanese a dei pionieri speciali italiani che a novembre si sarebbero trasferiti in Albania. L’esempio di quei pionieri mi fece riflettere seriamente: sarebbero andati proprio nel paese che io avevo lasciato. Non conoscevano la lingua ma erano contenti di andarci. Invece io conoscevo sia la lingua che la cultura. Cosa ci facevo in Italia?

Mi decisi a salire su quella nave con i pionieri speciali. Sin da subito iniziai a prestare servizio presso la piccola Betel. La mattina insegnavo albanese e il pomeriggio traducevo. Da principio i miei familiari non furono contenti ma, quando compresero cosa mi aveva spinto a tornare in Albania, cominciarono ad ascoltare la buona notizia. In poco tempo i miei genitori, due mie sorelle e uno dei miei fratelli si battezzarono.

Volete sapere se ho rimpianti per aver rinunciato al mio lavoro in Italia e ai soldi? Assolutamente no! In Albania ho trovato qualcosa di importante da fare. Per quanto mi riguarda l’opera che più conta e che dà gioia durevole è servire Geova con tutto quello che si ha.

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Ardian e la moglie Noadia

[Riquadro/Immagini alle pagine 173 e 174]

Niente più adunanze segrete

ADRIANA MAHMUTAJ

NATA 1971

BATTEZZATA 1993

PROFILO Fu invitata a un’adunanza segreta, e da quel momento in poi ha assistito a straordinari cambiamenti. Attualmente è pioniera speciale.

▪ QUANDO nel 1991 morì mio cugino, sentii una donna di nome Barie incoraggiare mia zia con pensieri biblici. Le feci subito delle domande e lei mi invitò a incontrare una sua amica, Rajmonda, sul posto di lavoro. La famiglia di Rajmonda si riuniva per un “corso”. Rajmonda mi disse che ai nuovi non era permesso assistervi se non dopo aver trattato per un po’ degli argomenti biblici. Mi piaceva quello che imparavo, e presto fui ammessa.

Il “corso” era frequentato da non battezzati che avevano iniziato a riunirsi con Sotir Papa e Sulo Hasani. Anni prima la Sigurimi si era infiltrata nei “corsi” e aveva denunciato i fratelli. Per questo erano tutti cauti e facevano attenzione a chi invitavano alle adunanze.

Alla prima adunanza a cui assistei capii che ognuno era incoraggiato a fare una lista dei propri amici e a parlare loro di quello che imparava. Subito parlai con Ilma Tani, a cui, nel giro di poco, fu permesso di assistere al “corso”. Il nostro gruppetto di 15 persone cresceva rapidamente.

Nell’aprile 1992 Michael e Linda DiGregorio visitarono Berati. Ci fu raccomandato di invitare apertamente chiunque al discorso. Come risultato ci furono 54 presenti. Nessuno di noi era battezzato. Dopo l’adunanza, per ore bombardammo i DiGregorio di domande e alla fine capimmo come doveva funzionare il nostro gruppo.

Non passò molto prima che i testimoni di Geova ottenessero il riconoscimento giuridico. Ilma ed io, insieme a due fratelli, andammo a Tirana per imparare a predicare di casa in casa. Ci fu chiesto di mostrare agli altri, una volta tornati a Berati, quello che avevamo imparato, e noi facemmo del nostro meglio. Nel marzo 1993 quattro pionieri speciali italiani furono assegnati a Berati, e da allora la congregazione fece un ottimo progresso, tenendo ogni settimana due adunanze non più segrete.

Quel mese io e Ilma ci battezzammo alla prima assemblea speciale di un giorno tenuta a Tirana. I presenti furono 585. Iniziammo a fare le pioniere regolari e dopo poco fummo invitate a diventare le prime pioniere speciali locali. Niente si svolgeva più nel segreto. Fummo assegnate a Coriza.

In seguito Ilma ha sposato Arben Lubonja, che alcuni mesi prima aveva predicato da solo a Coriza. Insieme hanno servito nella circoscrizione e ora sono alla Betel. Sono felice di aver invitato Ilma a quel “corso”!

Di recente, seduta tra gli oltre 5.500 presenti di un’assemblea di distretto, ho ripensato a quel “corso” segreto. Geova ha operato profondi cambiamenti. Ora le adunanze e le assemblee si tengono alla luce del sole. Nonostante centinaia di fratelli abbiano lasciato Berati per motivi economici, il gruppetto degli inizi si è trasformato in cinque fiorenti congregazioni.

[Immagine]

Ilma e Arben Lubonja

[Riquadro/Immagine a pagina 183]

“OK, andiamo!”

ALTIN HOXHA E ADRIAN SHKËMBI

NATI Entrambi nel 1973

BATTEZZATI Entrambi nel 1993

PROFILO Lasciarono l’università per fare i pionieri. Ora servono come anziani di congregazione.

▪ AGLI inizi del 1993 erano studenti universitari a Tirana. Un amico parlò loro per ore di quello che stava imparando con i testimoni di Geova. Tutto era supportato dalla Bibbia. Adrian e Altin approfondirono l’argomento, misero in pratica ciò che impararono e si battezzarono quello stesso anno. Quell’estate andarono a predicare a Kuçovë, dove non c’erano proclamatori.

Tornati a Tirana, Adrian disse ad Altin: “Cosa ci facciamo qui all’università? Adesso è il momento di darci da fare a Kuçovë!”

Altin rispose: “OK, andiamo!” Sette mesi dopo il battesimo erano di nuovo a Kuçovë.

Geova ha benedetto riccamente i loro sforzi. Oggi a Kuçovë ci sono più di 90 proclamatori. Circa 25 Testimoni sono partiti da qui per servire come pionieri o andare alla Betel. Molti di loro hanno studiato con Adrian e Altin.

Ripensando all’università, Altin sorride e dice: “L’apostolo Paolo decise di non perseguire una carriera mondana, e nel 1993 io ho fatto la stessa scelta. Non mi sono mai pentito di aver detto: ‘OK, andiamo!’”

[Riquadro/Immagini alle pagine 191 e 192]

Un insegnante di ateismo ora insegna la verità

ANASTAS RUVINA

NATO 1942

BATTEZZATO 1997

PROFILO Prima di conoscere la verità grazie ai figli, faceva parte dell’esercito e insegnava l’ateismo ai subalterni. Oggi serve come anziano e pioniere speciale.

▪ NEL 1971, dopo essermi diplomato all’accademia militare, divenni commissario politico di brigata. Veniva usato questo termine perché nel 1966 il governo aveva abolito le gerarchie militari. Tra le mie responsabilità c’era quella di indottrinare chi era sotto il mio comando, convincendolo che Dio non esiste. Esponevo la filosofia in base alla quale la religione è l’oppio del popolo.

Avevo moglie e tre figli. Nel 1992 mio figlio Artan iniziò a frequentare gli incontri religiosi dei testimoni di Geova a Tirana. Poi portò con sé sua sorella Anila. Per me era una perdita di tempo e qualcosa di molto stupido; per questo a casa litigavamo spesso.

Un giorno presi per curiosità una copia della Torre di Guardia. Strano a dirsi, quello che lessi sembrava sensato. Ma non volevo studiare la Bibbia, anche se Artan e Anila continuavano a incoraggiarmi. Ero del parere che, non credendo in Dio, non potevo studiare la Bibbia. Nel 1995 venne pubblicato in albanese il libro Come ha avuto origine la vita? Per evoluzione o per creazione? Artan e Anila me ne diedero una copia. Fu tutto quello che ci voleva per convincermi: Dio esiste! Non avevo più scuse, dovevo studiare. Presto iniziò anche mia moglie Lirie; ci convincemmo di aver trovato la verità.

Ad essere onesti, mi ci volle tempo per progredire. Avevo 53 anni e non era facile cambiare il mio pensiero in fatto di politica e il mio atteggiamento militaresco. Devo riconoscere che ad aiutarmi a fare passi avanti è stato Geova, il Creatore.

Non volevo diventare proclamatore perché mi preoccupava l’idea di predicare alle stesse persone a cui avevo insegnato l’ateismo. Cosa avrebbero pensato? Un giorno, durante lo studio, Vito Mastrorosa mi lesse il racconto di Saulo di Tarso. Bastò quello a persuadermi. Saulo aveva perseguitato i cristiani ma, conosciuta la verità, aveva iniziato a predicare. Sapevo che con l’aiuto di Geova potevo farlo anch’io.

A volte mi meraviglio che Geova continui ad aiutarmi a diventare più ragionevole, meno severo e meno simile a un ufficiale. I cambiamenti sono lenti, ma ci sono.

Non litigo più con i miei figli per la verità, anzi, sono orgoglioso di loro. Artan è pioniere speciale e anziano, mentre le mie figlie Anila e Eliona servono alla Betel a Tirana.

Io e Lirie prestiamo servizio come pionieri speciali. Ci sentiamo onorati di insegnare ad altri la verità riguardo al nostro grande Creatore e di vedere i cambiamenti nella loro vita. Siamo davvero felici di offrire una speranza concreta basata sulle promesse del solo vivente e vero Dio, Geova!

[Immagine]

Da sinistra a destra: Artan, Anila, Lirie, Anastas ed Eliona con il marito Rinaldo Galli

[Prospetto/Grafico alle pagine 176 e 177]

Albania — CRONOLOGIA

1920-1922 Negli Stati Uniti alcuni albanesi conoscono la verità.

1922 Conosciuta la verità, Thanas Idrizi torna ad Argirocastro.

1925 In Albania sono attive tre piccole classi di studio biblico.

1928 Proiettato in molte città il “Fotodramma della Creazione”.

1930

1935-1936 Si svolge un’estesa campagna di predicazione.

1939 Vietata l’opera dei testimoni di Geova.

1940

1940 Messi in prigione nove fratelli per la loro posizione neutrale.

1946 Al potere il governo comunista.

1950

1960

1960 Inizia a operare un comitato per soprintendere all’opera in Albania.

1962 Alcuni membri del comitato vengono mandati in campi di lavoro.

1967 L’Albania diventa ufficialmente atea.

1980

1990

1992 I testimoni di Geova ottengono il riconoscimento giuridico.

1996 Milton Henschel è presente alla dedicazione della prima Betel.

1997 Inizia la trazira.

2000

2005 Pubblicata la Traduzione del Nuovo Mondo completa in albanese.

2006 Dedicazione della filiale di Mëzez, nei pressi di Tirana.

2010

[Grafico]

(Vedi l’edizione stampata)

Totale proclamatori

Totale pionieri

4,000

3,000

2,000

1,000

1930 1940 1950 1960 1980 1990 2000 2010

[Cartine a pagina 133]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

MONTENEGRO

KOSOVO

MACEDONIA

GRECIA

Ioánnina

Lago di Scutari

Lago di Ocrida

Lago di Prespa

MAR ADRIATICO

ALBANIA

TIRANA

Scutari

Kukës

Burrel

Mëzez

Durazzo

Kavajë

Gramsh

Kuçovë

Fier

Berati

Coriza

Valona

Tepelenë

Këlcyrë

Barmash

Përmet

Argirocastro

Sarandë

[Immagine a tutta pagina a pagina 126]

[Immagine a pagina 128]

Conosciuta la verità nel New England (Stati Uniti), Thanas Idrizi portò la buona notizia ad Argirocastro, in Albania

[Immagine a pagina 129]

Sokrat Duli insegnò la verità al fratello

[Immagine a pagina 137]

Nicholas Christo parlò della buona notizia a dignitari albanesi

[Immagine a pagina 142]

La lettera di due pagine che i fratelli albanesi di Boston inviarono a Enver Hoxha

[Immagine a pagina 145]

Leonidha Pope

[Immagine a pagina 147]

“È Geova che mi ha insegnato a non firmare quello che non dico”. — Sotir Ceqi

[Immagine a pagina 149]

John Marks insieme a Helen prima di tornare in Albania

[Immagine a pagina 154]

Spiro Vruho servì come sorvegliante viaggiante

[Immagine a pagina 157]

Llopi Bllani

[Immagine a pagina 158]

Anche se sola, Kulla Gjidhari celebrò la Commemorazione

[Immagine a pagina 167]

Michael e Linda DiGregorio

[Immagine a pagina 172]

Con il decreto n. 100 i testimoni di Geova ottennero il riconoscimento giuridico

[Immagine a pagina 175]

Adunanza nella prima Sala del Regno, Tirana, 1992

[Immagine a pagina 178]

Areti Pina predicò fedelmente da sola

[Immagini a pagina 184]

Una vecchia villa venne adibita a moderni uffici

[Immagine a pagina 186]

“Se finirete in prigione, non abbiate timore”. — Nasho Dori

[Immagini a pagina 194]

David Splane presenta la “Traduzione del Nuovo Mondo” completa in albanese

[Immagine a pagina 197]

I missionari che servono attualmente in Albania

[Immagini a pagina 199]

Filiale dell’Albania

Comitato di Filiale: Artan Duka, Ardian Tutra, Michael DiGregorio, Davide Appignanesi, Stefano Anatrelli